Buono come il latte #2

Questo articolo segue Buono come il latte.

Leggere o narrare?

Dedicato a Erica che a Radice-Labirinto ha riscoperto la sua voce narrante.

Violeta Lopiz 10Leggere e narrare sono due azioni apparentemente simili, ma profondamente diverse. Molti genitori si sentono a disagio nel leggere ad alta voce, specialmente le prime volte. Temo che questo derivi da un vecchio retaggio della nostra impostazione scolastica che spesso vede la lettura ad alta voce come una prova d’abilità infondendo nei bambini un’innaturale timidezza verso il testo scritto.
La lettura ad alta voce ha invece il suo fascino, almeno quanto quella silenziosa: prima di tutto ci riconnette con la nostra voce – è buffo notare quanto non ci ascoltiamo mentre parliamo e quanta attenzione prestiamo invece alla nostra voce quando dobbiamo leggere per qualcuno- e in secondo luogo ci mette davanti all’importanza del silenzio.

 

Violeta Lopiz 3Il silenzio nella lettura ad alta voce è di due tipi: quello che si crea intorno a noi e quello che ci viene segnalato dalla punteggiatura. Nelle lettura silenziosa tutto questo è dato per scontato perché nell’intimità della nostra mente sappiamo perfettamente goderci il tempo della narrazione, a volte anche in mezzo alla folla; ma quando leggiamo per qualcuno, in particolare nei primi tentativi, la nostra voce sembra correre dietro le parole che non ci sono mai sembrate così fitte, dense e in conclusione incomprensibili.

 

Cosa stiamo leggendo? Ci è facile capire immediatamente il significato del testo quando leggiamo a voce alta? Alle prime occasioni potremmo stupirci di quanto siamo abili a leggere e contemporaneamente a pensare a tutt’altro.
Così succede che mentre leggiamo ad alta voce per un neonato o per un bambino, senza sforzo apparente, aumentiamo la nostra capacità di attenzione per un testo scritto, ci costringiamo a cercare attimi di silenzio in cui accomodarci appartati con i nostri bambini, e siamo invitati ad osservare con amore lo strumento meraviglioso della nostra voce.

 

Violeta Lopiz Radice-LabirintoNarrare invece, cioè raccontare senza l’ausilio del libro, può essere un buon esercizio preliminare per poi leggere ad alta voce (anche se ad alcuni non avere un testo sotto gli occhi incute molto timore) perché narrando usufruiamo in modo naturale della bellezza di pause e silenzi. Di contro potremmo osservare che se nel racconto improvvisato la punteggiatura ci viene naturale, potrebbero venirci meno le parole, o peggio la storia. Per narrare dobbiamo sapere quello di cui stiamo parlando e dobbiamo vedere e abitare la storia per poterla trasmettere a chi ci ascolta. Una cosa saggia, anche quando sarete narratori provetti, resterà quella di aver preparato e studiato la vostra storia in precedenza. Per iniziare vi consiglio di cimentarvi con una fiaba che ben conoscete (per esempio Cappuccetto Rosso) o ancora meglio da un fatto quotidiano.
Con una fiaba da tempo impressa nella vostra memoria giocate abbastanza sicuri per quanto riguarda la trama, ma potreste accorgervi di avere un vocabolario scarno o poco incisivo per tradurre la trama in immagini. Allora cogliete l’occasione per acquistare un bel libro di fiabe e crogiolarvi nella bellezza di una buona traduzione o di una prosa magnifica come quella di Calvino, Basile, Rodari ecc. Visto che inizialmente narrerete a bambini molto piccoli che non comprendono appieno ciò che state raccontando loro, potrete concedervi, come neo narratori, numerosi tentativi e infinite prove prima di approdare all’anno di età come Raccontastorie esperti pronti a regalare ai vostri figli autentici momenti d’incanto. Non dimenticate tuttavia che i neonati sono comunque esigenti e gradiscono parole belle e racconti fluidi che scorrono monotoni e sicuri verso le lande del sonno.

 

Violeta Lopiz 2Con i racconti del quotidiano potreste avere maggiori soddisfazioni e allenare le parole in vista delle fiabe. Raccontare il presente ci potrebbe risultare più facile perché i fatti vissuti in prima persona sono molto vividi nella nostra memoria e ci appartengono profondamente; solitamente, poi, i racconti del quotidiano si appoggiano- e vogliono- un linguaggio più colloquiale ed è dunque naturale che ci mettano meno in difficoltà. Inoltre ai bambini dopo l’anno il racconto di fatti realmente accaduti piace moltissimo e supplisce, ahimè, a un vuoto pesante nell’editoria per bambini contemporanea.

Per concludere questa digressione io vi consiglio sia di leggere che di narrare, e narrare sia fiabe che racconti del quotidiano.

Le illustrazionoi di questo post sono di Violeta Lopiz.

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