Intervista a Manuela Trimboli

Manuela Trimboli per il calendario dell'avvento di Radice Labirinto
Manuela Trimboli per il calendario dell’avvento di Radice Labirinto

Cara Manuela, benvenuta nel nostro giardino.
Sopra a questa alta collina, il paesaggio sembra un presepe innevato: il bosco dei sicomori, quello di abeti, il pioppeto, e le distese erbose paiono fazzoletti ben ripiegati. Sai Manuela, il nostro giardino si dilata e si restringe per i suoi ospiti e oggi a te offre una vista davvero incantevole. Come è cambiato nel tempo lo sguardo sul tuo lavoro? Ci sono stati dei momenti in cui hai dovuto mettere una distanza tra te e il foglio bianco o il tuo lavoro è più una paziente consuetudine?

Innanzitutto è un piacere trovarmi in questo bosco mutante…
Camminando proverò a rispondere alle tue domande, certa del fatto che il panorama che mi aspetta sarà spettacolare.
Domande, che sono come foglie scelte che prenderò e metterò in tasca per poi conservarle tra le pagine dei mie libri preferiti.
Io sono continuo cambiamento.
Non faccio fatica a pensare di essere finita in un bosco perché tutta la mia vita e con essa il mio lavoro e quindi le mie immagini, cambiano ad ogni mio spostamento, a volte anche in maniera inquieta.
Sono una raminga e convivo con il mutamento.
Ci sono risposte che troviamo per strada, altre che comprendiamo molto dopo.
Ma nulla è a caso.
Ci sono stati dei momenti difficili e delle prove che ho dovuto superare che mi hanno fatto prendere delle piccole pause, di qualche mese, dalle mie matite.
Per me è molto importante stare bene per potermi approcciare al lavoro.
Ma serviva anche quel silenzio perché, quando le ho riprese, la mia mano aveva, consapevolmente ed inconsapevolmente, una nuova forza ed una nuova pregnanza.
Quando non sono felice, la mia matita non è tra le mie mani e quando succede, faccio di tutto per superare, dentro di me, l’ostacolo.
Per le mie immagini, anche quando trattano qualcosa di molto intimo, che va interiorizzato o una tematica forte o particolarmente seria, mi piace che ci sia quella speranza e quel senso di leggerezza e di gioco che rende anche il dolore un passaggio superabile.
Mi piace dare a chi guarda, positività e sorriso.

San-Nicola-e-i-bambiniQuassù il vento ci fa stringere nei cappotti. La vegetazione è rada, solo qualche cespuglio di agrifoglio e di tasso barbasso. In primavera questa collina profumerà di fiori selvatici e sarà bello sdraiarsi nell’erba alta. Le farfalle si poseranno sugli alti steli del tasso e le api visiteranno le infiorescenze della Budleia che nasce là, prima che la collina degradi sul lato sud, verso la macchia. L’inverno e la neve sembrano addormentare ogni desiderio futuro, cullare ogni pensiero nell’abbraccio della zolla. E’ la stagione della riflessione, della ponderatezza e della speranza. Nel mestiere dell’illustratore esiste il tempo dell’attesa? Credo che ogni opera prima di essere portata a termine debba attraversare un lungo inverno, è così?

Assolutamente sì.
Ci sono progetti che hanno bisogno di riposo e per i quali si deve attendere il giusto tempo.
Gestire l’attesa non è facile e non c’è una formula.
Mi è capitato ed ho ancora dei progetti che dormono in attesa del risveglio.
E’ indubbio che l’illustratore vorrebbe vederli spiccare il volo.
Ma con il tempo e l’esperienza si impara a rispettare il tempo, a non avviare un lavoro pur di vederlo approdare.
Quello non sarebbe, a parer mio, un approdo.
Assume il colore di una conclusione ed invece un progetto che sa aspettare ha le cromie vive e la frenesia della partenza di un viaggio, che si spera essere sempre più lungo.

me-strawberries-manuela-trimboliCara Manuela, so che è l’estate la tua stagione. Penso ai colori delle tue illustrazioni, al segno marcato e deciso, all’eco d’onde che paiono avere le voci dei tuoi bambini illustrati, l’eco di una tradizione mediterranea in cui le storie (e le immagini delle storie) profumano di arance e limoni. C’è un luogo, un giardino della tua infanzia che ha educato il tuo sguardo e orientato il tuo immaginario?

Il mio sentire e le immagini che mi porto, hanno dei ricordi e dei colori precisi.
Hanno il clima caldo dell’estate, come giustamente hai detto, ed una luce forte.
Hanno il profumo e la dolcezza delle frittelle con lo zucchero della nonna materna e la sua voce, che dopo pranzo mi accoglieva in storie sempre diverse mentre d’estate tutti riposavano e le cicale cantavano.
Hanno la velocità della corsa tra le spighe con la lieve ruvidezza pungente di quei fili d’oro, unita alla morbidezza delicata dei petali dei papaveri rossi.
E’ per questo che nelle mie immagini spesso inserisco dettagli o simboli come papaveri e farfalle o camaleonti.
In tutte le mie illustrazioni ci sono io.
Entro, portando dentro le tasche, ciò che per me è essenziale.
Quando devo pensare a delle immagini che di primo impatto mi sembrano lontane, non mi sento smarrita.
Provo a pensare a come sarebbe quel luogo per me, a cosa vedrei intorno o a cosa mi piacerebbe vedere e quasi sempre scorgo una farfalla o un papavero.
O forse una cupola rossa araba…

filo-rosso-manuela-trimboliDietro ad un cespuglio di agrifoglio, troviamo due slittini: sono certa che non sono qui per caso. Li trasciniamo sull’orlo della collina…Pare piuttosto ripida questa discesa, che dici Manuela ci lanciamo? Prima però vorrei chiederti se ci sono stati incontri importanti nella tua carriera di illustratrice, dei maestri che hanno guidato il tuo stile o influenzato la tua fantasia. Dietro di noi le scie dello slittino si riconoscono appena, ogni cosa ha il suo peso solo quando siamo noi a decidere di seguire una pista. Tu hai scelto la tua o è stato un incontro a cambiare la tua carriera?

Quando penso a quando ho iniziato a creare immagini per un testo, devo necessariamente tornare ai miei studi all’Accademia di Belle Arti.
Con leggerezza mi sono approcciata al mondo dell’illustrazione, all’inizio forse anche inconsapevolmente.
Non immaginavo dove mi avrebbe condotta e non mi sono posta molte domande…
Poi ho visto, tra un bozzetto e l’altro, mentre cercavo il mio modo di disegnare le mani, gli occhi, i bambini, i fiori e… i papaveri che, un leoncino con la criniera blu elettrica che sembrava avesse preso la scossa, che avevo disegnato al volo per un concorso interno agli studi, si ritrovava a ricoprire le pareti bianche dell’ ospedale dei Bambini di Palermo.
Lì ho capito di aver fatto qualcosa che era più grande di quanto immaginassi.
Passano gli anni a studiare e a progettare libri con testi importanti: novelle di Pirandello e Alice nel Paese delle Meraviglie, a fare prototipi, solo prototipi… che sono come porte, grandi e piccole da aprire per conoscere un mondo nuovo.
E dato che le cose non accadono mai a caso, conclusi gli studi, mi ritrovo ad aprire una scatola nuova.
E’ rossa, sembra magica e si chiama… teatro!
Il teatro ha contribuito in maniera fortissima il mio modo di lavorare, di costruire, di vedere le cose.
Otto anni in un teatro di figura che vanta una ventennale collaborazione con Emanuele Luzzati.
Lì, lavorare accanto a registi o a uno dei suoi più stretti collaboratori è un bagaglio incredibile.
Ed io ho sete di conoscenza.
Conoscere Lele Luzzati è meraviglioso.
E dato che non mi accontento, ho avuto anche la fortuna di essere, prima allieva e poi in qualche occasione anche di assistere, il lavoro di un altro grande Maestro, Natale Panaro, il creatore di Dodò dell’Albero Azzurro.
Un rapporto umano, creativo e lavorativo splendido.
Lui mi ha insegnato a costruire per il teatro, a vedere nelle immagini illustrate, la tridimensionalità dei pupazzi ai quale dare respiro, vita, movimento…
Tutti colori forti quelli che mi porto dietro.
Credo di essere stata e di essere molto fortunata.
Gli slittini non sono a caso.
Bisogna andare in cima e poi avere coraggio per lanciarsi.
Un viaggio nuovo è così: tremano un po’ le mani e anche le gambe ma l’emozione del viaggio e l’inizio di una nuova conoscenza, hanno un valore inquantificabile.

ANIMALIfavolOSI-manuela-trimboliCi accomodiamo sullo slittino, il cuore batte già forte nel petto. I piedi si ancorano alla neve, perché è un attimo dire “Via!” e affidarsi al vento. C’è un brivido per ogni nuova avventura, un’emozione incontrollabile che ci spinge verso un orizzonte sconosciuto. Ami le sfide Manuela? La parola coraggio fa parte della vita di un’illustratrice?

La parola coraggio è una parola che risuona come il vento caldo, afoso e forte che amo.
Coraggio, viaggio e cambiamento sono parole che mi parlano continuamente e che con la punta delle dita solletico ad ogni nuovo progetto, ad ogni nuova idea.
Anche se a volte provo un po’ di paura.
Da lì nasce il mio docet.
E’ stata la mia docente di Pedagogia e Didattica dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Palermo a suggerirmelo e da allora cammina con me. Sempre.
“Ascolta il cuore ed usa il cervello”.

Non c’è più tempo di parlare, stiamo volando. Cielo e terra si confondono, tutto è bianco… Siamo nel vento. Ridiamo.
Grazie per essere stata con noi Manuela.

Prima di tutto grazie a te.
E’ stato un bel lancio ed è stato un piacere farlo insieme.
Troviamo una nuova cima per farne un altro?
Andiamo lì.
Sembra più in alto dell’altra cima.
Pronta?
…3, 2, 1… VIA!

Breve biografia

me bn- foto di Ralph BathishMANUELA TRIMBOLI
Illustratrice, disegnatrice, creativa.
Nel 1999 illustra un piccolo leoncino dalla criniera blu “elettrica” che diventa la mascotte dell’Ospedale dei Bambini G. di Cristina di Palermo.
Per svariati anni collabora con un teatro di figura, che vanta una collaborazione ventennale con Emanuele Luzzati, curando spettacoli e svariati allestimenti.
Allieva del Maestro Natale Panaro, noto costruttore teatrale e collaboratore per anni della trasmissione televisiva RAI “L’Albero Azzurro”.
Ha partecipato a numerose esposizioni personali e collettive.
Pubblica per svariate case editrici (La Meridiana, Coccole e Caccole, Besa, Aliante, Acco Editore, Franco Panini, Gallucci, Gelsorosso, Fasi di Luna, ecc.).
E’ disegnatrice e creativa per il settore fashion.
Ha un suo docet: Ascolta il cuore ed usa il cervello.

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