La foresta radice-labirinto in un nido d’infanzia #2

Avevamo lasciato in sospeso questo articolo.
Per leggere la prima parte, clicca qui.

giulia orecchia libro lettura
Illustrazione di Giulia Orecchia

Ci siamo chiesti se fosse inconsueto trovare in un nido una fiaba di Calvino come “La foresta radice-labirinto”; per rispondere a questa domanda, abbiamo intrapreso l’analisi del testo e ci siamo infine domandati in che modo si possa leggere una trama così complessa a dei bambini tanto piccoli. E dunque, eccoci qui, a parlare di un come, piccolo avverbio pieno di avventure quando lo si intende in che modo o specchio di inattese meraviglie se sta per nello stesso modo di. Nel nostro caso potremmo prendere in considerazione entrambe le accezioni.

Se partiamo prendendo in considerazione in quale modo si possa leggere ad un bambino un testo, dobbiamo da subito intendere che questo come è in primo luogo qualcosa di fisico: non possiamo trasmettere parole ed emozioni se non usiamo la voce che è, anche se spesso tendiamo a dimenticarcene, espressione corporea. Le corde vocali, grazie all’aria che inspiriamo, vibrano emettendo suoni e questi suoni, modulandosi nel cavo orale, generano le parole.
La voce, “questa perla bianca nel morbido alveo della tua bocca” come scrive Shakespeare, è unica per ognuno di noi; il suo timbro ci distingue e ci caratterizza. Cosa succede dunque quando leggiamo ad alta voce?
La prima risposta che ci guizza in mente e che si nasconde altrettanto velocemente, è forse quella che ci emozioniamo.

giulia orecchia pesciolino
Illustrazione di Giulia Orecchia

Come un pesciolino rosso, altrettanto rapida ed istintiva questa prima certezza, difficilmente si lascia afferrare per farsi analizzare a fondo perché, coinvolgendo la voce, porta in superficie qualcosa di troppo intimo e delicato. Forse ad essere degli attori professionisti eviteremmo il problema, ma in ogni caso credo ci sia, nella voce, una vibrazione talmente profonda e personale che sarebbe impossibile affrontare una lettura senza far trapelare un po’ di emozione; e comunque, se così non fosse, non sarebbe altrettanto bello condividere una storia.
Leggere ad alta voce vuol dire far volare le parole e quando queste sono ben scritte, come nel caso della “foresta radice-labirinto” di Calvino, non produciamo solo suoni, ma anche musica e armonia. Le belle melodie rimangono nel cuore e coltivano lettori, musicisti,
scrittori: si impara a scrivere con talento se, fin da piccoli, abbiamo ascoltato prose di qualità, capaci di emozionarci e di far apparire ciò che di sottile e trasparente giace sotto le letterine nere sulla pagina, cioè la magia, l’immaginazione e la bellezza.

La maestra è seduta su un panchetto e tiene il libro sollevato e aperto verso i suoi piccoli alunni. L’immagine che ora i bambini hanno davanti è quella di una donna che avvolge nei suoi lunghi capelli neri una città-castello. Nessuno dice nulla, gli occhi spalancati fissano la strana figura sulla pagina. La maestra inizia a raccontare, non sta leggendo, ma guarda i suoi bambini uno per uno mentre parla. Francesco si nasconde dietro a Mattia, Linda ride e Daniele, il più piccolo, osserva i compagni.
Nessuno si muove, tutti ascoltano.

houdart genitori felici
Illustrazione di Emmanuelle Houdart da “Genitori Felici”

Quando leggiamo, forse ciò che ci emoziona maggiormente è il fatto che le parole che dobbiamo pronunciare non sono quasi mai le nostre. La scrittura e la voce sono due espressioni così personali che far coincidere le emozioni di entrambe non è certo impresa da poco. C’è poi una sostanziale differenza di attenzione nei bambini da quando leggiamo ad alta voce a quando raccontiamo qualcosa improvvisandolo a mente.
Molti genitori mi dicono, entrando in libreria, che spesso, appena cominciano a leggere, il loro bambino cessa di ascoltare, si distrae e si mette a fare altro. Allora potremmo chiederci: cosa succede quando raccontiamo una storia che conosciamo più o meno a memoria senza l’ausilio di un libro? Quali differenze possiamo notare con una lettura ad alta voce?

Abbiamo stabilito che leggere a voce alta ci emoziona e credo che questo valga anche quando il nostro pubblico è costituito solo dai nostri figli; sarà un’emozione differente, ma un qualche imbarazzo o goffaggine tendono tuttavia a impossessarsi di noi. Conosco molti genitori appassionati che per nulla al mondo rinuncerebbero alla lettura serale con i propri figli e avendo ascoltato alcuni di loro leggere, non ho potuto fare a meno di notare le diverse tecniche di approccio alla lettura ad alta voce. Allo stesso modo conosco maestre d’infanzia che amano raccontare storie ai propri alunni e che preservano e custodiscono con grande attenzione questo momento nella quotidianità scolastica. Ci poi sono bambini più propensi all’ascolto e altri che hanno un interesse più dinamico rispetto al libro ( su questo argomento vi rimandiamo all’articolo “bambini tattili, bambini pop up..”) ma più difficilmente ho visto piccoli e piccolissimi non essere rapiti da uno storia raccontata a memoria.

Linda per mano a Mattia, inizia a correre intorno alla colonna al centro del salone; si muove velocemente e mentre, con la fantasia, prende d’assedio la città di Alberoburgo grida: “Ovest! Est!” . Mattia non riesce a smettere di ridere e corre dietro a Linda con la bocca spalancata. La maestra sceglie un cd dalla sua cartella e avvia lo stereo. La musica di Renè Aubry, tratta dall’album “Step”, è perfetta per supportare questo momento. Le note sono incalzanti e comunicano una sensazione di inquietudine, creando così una perfetta consonanza con i pensieri di Ferdibunda e Curvaldo che vogliono prendere, con l’inganno, il governo del regno di re Clodoveo. 
Francesco e Samuele, sollecitati dalla musica, si uniscono a Linda e a Mattia. Quando il brano finisce, Francesco corre verso il piccolo scaffale adibito a libreria e porta alla maestra il libro di Calvino – Me lo leggi? – chiede.

Quando raccontiamo una storia, la nostra mente deve anticipare e prevedere le parole, visualizzare le scene future per creare una trama coerente e avere, della narrazione, una chiara visione d’insieme. Questi meccanismi mettono in moto non solo la nostra memoria, ma anche la nostra immaginazione e ci permettono di creare storie credibili. Ci si allena a questo per tutta l’infanzia giocando a fare finta di, immedesimandoci in un personaggio o simulando un’avventura fantastica. Inoltre, non dobbiamo dimenticare, che noi raccontiamo storie ogni giorno, anche se spesso non ce ne rendiamo conto o non vi poniamo la stessa attenzione che riserviamo ai nostri bambini quando narriamo loro una fiaba.

pia valentinis sotto il mare
Illustrazione di Pia Valentinis

Quando ci capita di raccontare storie ai più piccoli noi siamo, ai loro occhi, autentici: la storia ci possiede e noi la possediamo e nulla è più attraente, per un bambino, della verità. La verità non esclude l’immaginazione né l’invenzione, raccontare o creare una storia non ha nulla a che fare con la menzogna. Le storie raccontano la realtà attraverso la metafora che, non ci stancheremo mai di dirlo, è il linguaggio preferenziale dell’infanzia. Se possediamo la storia, se quindi ne anticipiamo le immagini nella nostra mente, allora siamo in grado di modulare i toni, di creare pause piene di attesa, di interpretare i testi e di immedesimarci nei personaggi; innate doti attoriali scaturiscono in noi e riusciamo a tenere viva l’immaginazione (e quindi l’attenzione) senza affettazioni.

Quando leggiamo invece tutto questo svanisce: ci sentiamo imbrigliati dal testo, le parole ci incalzano e dosare pause e timbri ci pare davvero difficile. Eppure, come abbiamo visto, non ci sono estranei i meccanismi con cui poter attirare nella rete la fantasia di un bambino!  Leggere ad alta voce vuol dire dare corpo ai pensieri perché, in effetti, la prima lettura avviene nel silenzio della nostra mente. E’ lì che le parole prendono misura e colore, che si gonfiano e risuonano, non per merito delle corde vocali che toccano, ma grazie alle corde dell’ immaginazione capaci di vibrare altrettanto potentemente.

silvia bonanni guglielmo tell
Illustrazione di Silvia Bonanni

Si parla allora di lettura silenziosa e forse, almeno una volta, ciascuno di noi è stato ripreso a scuola perché non stava leggendo “nella mente”; ma ci sono dei passaggi in alcuni libri in cui è davvero impossibile rimanere zitti, certi testi chiamano la voce e le parole devono uscire e risuonare.

[ Di solito capita ai bambini di prima e seconda elementare di essere richiamati e mi piace pensare che non sia solo per il fatto che stanno imparando a leggere ma perché è ancora troppo potente il fascino della parola raccontata, letta, narrata – e d’altra parte come dargli torto? Quando cresciamo nessuno ci legge più nulla]

“La foresta radice-labirinto” di Calvino fa parte di quei testi che devono essere letti ad alta voce.

Il momento del sonno è preceduto da un rituale: prima che i bambini si infilino sotto le coperte, la maestra accende cinque candeline, una per ciascuno, e mentre le fiammelle cominciano a brillare si cantilena a bassa voce “Accendete le lanterne…. Accendete le lanterne…”. Il tono è quello delle vecchie guardie che vegliavano le mura durante la notte al grido di “Sono le nove e tutto va bene…”.
I bambini cantano la frase insieme alla maestra e poi a turno spengono la loro lucina soffiandoci sopra correndo poi su loro letti.
A questo punto Mattia e Francesco chiedono alla maestra di continuare il racconto da quando re Clodoveo, attraversando la fitta foresta groviglio, grida ai suoi soldati “Accendete le lanterne!”. La maestra apre il libro e comincia a leggere:  “e la fila di soldati si snodò per il bosco come uno sciame di lucciole…”

Non lasciamoci intimorire dalla lunghezza del testo o dalla sua prosa articolata. A volte basta solo riflettere sulle cose, senza lasciarci scoraggiare da inutili pregiudizi riguardo noi stessi. Dopo esserci fatti emozionare dal testo e dalle parole, eccoci a dare piccole indicazioni sul modo più opportuno di affrontare una lettura ad alta voce.

  • Prima di tutto leggiamo più volte il testo prima di incontrare il nostro piccolo pubblico (se il libro piace molto, statene certi, che saranno i bambini stessi a farvelo leggere tutte le volte che sarà necessario!).
  • Chiediamoci se la storia l’abbiamo davvero capita e interiorizzata, e quindi per una o due volte provate a raccontarla a memoria seguendo le illustrazioni. Quest’ultimo passaggio sarà fondamentale se il bambino fugge davanti alla lettura del testo poiché attraverso il vostro racconto spontaneo si potrà appassionare al libro.
  • Una volta compiuti questi passaggi, non abbiate timore a dosare le pause. Spesso quando leggiamo ci dimentichiamo di prendere fiato, mentre i punti e le virgole, nella dinamica di una fiaba, possono essere prolungati per creare la giusta tensione narrativa.
  • Anche il discorso diretto deve avere la sua cornice di silenzio: respirate prima di immedesimarvi in un nuovo personaggio, sarete molto più credibili e avrete il tempo di cercare la voce più adatta al momento.
  • Se vi sentite scoraggiati, tornate senza indugio al racconto spontaneo e in ogni caso fatene sempre uso qualora alcuni punti della storia vi sembrino particolarmente ostici o intricati.
simona mullazzani
Illustrazione di Simona Mullazzani

Ecco dunque che la seconda accezione dell’avverbio come, ovvero nello stesso modo di non ha tardato a palesarsi.

  • Leggere “La foresta radice-labirinto” di Calvino come se la raccontassimo a memoria, facendo finta che sia una fiaba tradizionale.
  • Dividiamo la storia in capitoli, un pezzetto ogni sera o la stessa parte per qualche sera… “in una foresta così fitta che ci faceva buio anche di giorno…” non è forse altrettanto accattivante di “C’era una volta in un lontano castello..”?
  • Se siamo con una classe di nido basterà leggere un capitolo alla volta e le parti più difficili raccontarle a voce, ricordandoci che una platea più vasta ha bisogno di qualche espediente: foulard per far apparire l’uccellino, fili di lana da tirare da una parte all’altra della classe per costruire una foresta, candeline accese per le lanterne dei soldati in marcia, laboratori sul tatto per sentire sulla pelle foglie e radici ecc…
  • Se il testo è ricco si possono creare infinite storie nella storia. Calvino è un autore pieno di idee, i suoi nomi sono sempre evocativi, la sua prosa traboccante di sorprese. Conoscete un nome più appropriato di Curvaldo per un primo ministro subdolo e infingardo? O un nome più dolce di Amalberto per il fedele scudiero del re?
  • Non priviamo i nostri bambini di suoni belli, di parole armoniose, di trame complesse, di spunti di gioco interessanti: essi prenderanno della narrazione solo ciò che possono, ma non importa; noi gliela offriamo comunque su un piatto d’argento, luccicante e splendente in tutta la sua raffinatezza, poesia, magia.
  • Amiamo noi per primi i testi che proponiamo ai nostri bambini e il nostro entusiasmo sarà per loro contagioso.

Nella libreria, accanto ai libri cartonati di qualità, vicino alle fiabe tradizionali, potenti e irrinunciabili, sistemiamo il testo di Calvino, vedrete non stonerà, anzi, vi chiamerà a leggerlo ad alta voce tutte le volte che lo aprirete.

Cogliamo l’occasione per segnalarvi, con gioia, che tra le novità presentate in fiera a Bologna dalla casa editrice Mondadori per l’anno 2013, ci sono anche due raccolte di fiabe di Italo Calvino: “Fiabe per i più piccini” e “Fiabe da far paura (appena appena, non tanto)”.

Le parti in corsivo sono esperienze realmente vissute in un PGE (piccolo gruppo educativo) del comune di Bologna.

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