L’eredità di Sonia Delaunay

Un’eredità può essere un lascito pesante, un groviglio di parole, cose, pensieri ed emozioni difficili da sbrogliare.
A volte l’eredità è qualcosa di cui ci si vorrebbe sbarazzare; tuttavia anche quando questa operazione ci sembra possibile, dobbiamo poi constatare che qualcosa resta in noi, un insieme di particelle, un nucleo di senso così ben levigato e coerente, da diventare parte del nostro essere.
Siamo ciò che ereditiamo e questo non vale solo sotto un profilo genetico, ma anche rispetto a lavoro di lima, di integrazione, di comprensione che ogni giorno mettiamo in atto sul nostro presente.
Non è quasi mai un’operazione facile e indolore quella di ereditare, anzi spesso richiede molto impegno; che sia una casa, uno scaffale colmo di libri, le parole di una lettera, i ricordi di un’estate felice, ogni cosa che immagazziniamo o che dobbiamo immagazzinare, deve passare attraverso il setaccio di chi siamo, di chi siamo stati e di chi vorremmo essere.
E contemporaneamente, mentre selezioniamo e ordiniamo, diventiamo più noi stessi di quanto non lo eravamo prima: un nuovo nucleo inizia ad agire sulla nostra vita portando con sé significati inaspettati.

Cosa ci ha lasciato Sonia Delaunay?

3Il colore è la “pelle di questo nostro mondo” diceva Sonia Delaunay che insieme all’amato Robert Delaunay, anche lui pittore, non ha mai smesso di indagare e sperimentare la qualità della luce.
Sonia è nata in uno sperduto villaggio dell’Ucraina nel 1885.
All’età di cinque anni viene adottata dal ricco zio materno Henry Terk di San Pietroburgo, e dopo aver studiato all’Accademia di Belle arti di Karlsruhe, si trasferisce a Parigi.
Nonostante Sonia riceva un’educazione cosmopolita, i ricordi della sua infanzia contadina, con i colori sgargianti dei costumi tradizionali indossati nei giorni di festa, restano sempre ben impressi dentro di lei. La luce così attentamente osservata e studiata altro non è che un riflesso di quei ricordi. Sonia della sua infanzia ha sempre parlato di rado e malvolentieri, ma noi possiamo percepire, attraverso le sue opere, il mistero che ha accompagnato i suoi giorni bambini, il fascino indescrivibile di un tempo lontano e mai perduto.
Con il marito Robert Delaunay, Sonia fonda la corrente denominata “Orfismo”, un movimento artistico che studia l’uso pieno del colore in forme non figurative. Orfeo è il poeta che incanta la natura con la sua musica e che accetta di discendere nell’oltretomba per amore. Un’allegoria perfetta della lotta tra luce e ombra.
4La ricerca di Sonia e Robert Delaunay sui contrasti simultanei nasce dall’analisi attenta del libro De la loi du contraste simultané de couleurs di Michel Eugène Chevreul, pubblicato nel 1839. Sonia Delaunay per tutta la sua vita ha indagato costantemente il rapporto tra colore e ritmo influenzando non solo il movimento americano Synchromism, che mette in relazione colore e suono, ma anche le opere di Paul Klee e il gruppo Der Blaue Reiter. Nelle conversazioni parigine con i protagonisti della scena artistica del tempo, i Delaunay parlano spesso della loro arte in termini musicali.
Parlano di armonie e dissonanze (nel colore e nella musica), di colore e di forme geometriche (“interplay of abstract elements in a pure state”) e della tela come il luogo di una eterna lotta.
Playing color against color and form against form.
Sono questi gli elementi che emergono distintamente nel lavoro di ricerca artistica di Sonia Delaunay.
Sonia ha inoltre coniugato il lavoro artistico con quello di designer: gli oggetti diventano il nuovo spazio in cui i colori e il loro ritmo cercano un temporaneo equilibrio. Ne è un esempio la coperta realizzata nel 1911 per il figlio Charles, composta da pezzi di tessuto simili a quelli usati nelle case dei contadini russi. La ricerca sul colore di Sonia Delaunay non ha mai perso la sua forza anche esercitandosi su materiali differenti.

Cos’ha lasciato ai suoi lettori Radice-Labirinto?

Sicuramente una piazza piena di colore. Ispirandoci al giocattolo “Sonia D” di Italian Toy progettato da Simona Balmelli, abbiamo immaginato una casa destrutturata, in perfetto stile Delaunay.
Ogni stanza è diventata un piccolo mondo dove immaginare la vita di Sonia bambina. Non era la casa frugale della sua infanzia contadina, ma come in un paesaggio onirico dove il presente e il passato giocano tra loro in un continuo scambio di forme e colori, abbiamo abitato la camera da letto, il bagno, la cucina, i corridoi, il salotto e la nursery, pensando di incontrare una piccola Sonia nel tempo sospeso del sogno.


Cosa avrebbe fatto Sonia nella stanza dei giochi? Ascoltava le fiabe nella camera da letto? Mescolando le suggestioni del suo passato e gli spunti di un presente sempre più pronto a riconoscere l’eredità di questa straordinaria artista (nel 2014 è stata inaugurata una sua ampia retrospettiva al Musée d’Art Moderne di Parigi, e nella primavera del 2015 la stessa mostra è stata presentata alla Tate Gallery di Londra), Radice-Labirinto ha intessuto una trama possibile dell’infanzia di Sonia Delaunay.
Credendo che l’eredità di un’artista sia un dono prezioso per costruire un futuro migliore, la libreria ha donato ai suoi lettori:
Un viaggio dipinto in vasca da bagno con le storie in musica a cura delle musiciste Giulia Napolitano e Alice Sacchi;
Fiabe russe e piccole meraviglie in camera da letto con le narratrici Veronica Benuzzi e Alessia Napolitano;
Cerchinballi e quadridanze nella stanza a cielo aperto a cura di Paolo Versari dell’associazione Balliamo sul mondo;
Ricette di case in cucina con il giocattolo “Sonia D” di iltalian Toy a cura di Alessandra Falconi del Centro ludico Zaffiria;
Cappelli danzanti in salotto a cura della ludoteca “Il Castello dei ragazzi” di Carpi e del Centro Zaffiria di Bellaria;
Atelier di forme e colori nella nursery a cura della ludoteca di Carpi.

Cosa lascia Sonia a Radice-Labirinto?

La riflessione prosegue nel prossimo post!

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