LE FATE FORMICHE di Shin Sun-Mi, Topipittori 2018.
Il tempo si può cucire in una storia. Il tempo che per solito è un filo invisibile, diventa nelle mani di She Sun-Mi materia sottile e fragilissima. Occorre molta grazia per tenderlo tra una pagina e l’altra senza spezzarlo; ma se la mano è ferma e l’ago ben appuntito si assiste ad un miracolo: si può vedere in controluce il disegno di un ricamo perfetto.
Le fate formiche sono un capolavoro. Un equilibrio raro tiene insieme in questo albo il presente e il passato. Il rosa cipria delle tavole sospende più del bianco che qui fa da cornice e da contrappunto ad un testo lievissimo dove è la misura a stupire. Poche parole che svelano senza tradire, ponderate al grammo per non disturbare l’incantesimo di una notte in cui un bambino incontra la sua mamma bambina.
Ogni parte di questo libro è un gioco raffinato dell’ago che cuce insieme un prima, un dopo e un adesso.
Il bambino ha la febbre e la madre veglia su di lui; ma è stanca e si addormenta. Sul pavimento il termometro elettrico ci racconta di “un qui ed un’ora”.
Nonostante i vestiti tradizionali coreani possano portare il lettore occidentale ad immaginare tempi lontani, la grazia di questa storia è nel presente, è adesso, questa notte, solo dall’altra parte del mondo; o qui, dove anche noi possiamo vestire l’infanzia di sogno, gentilezza e mistero. Qui, dove ancora, direbbe James Matthew Barry, noi crediamo alle fate.
Mentre la madre dorme arrivano le fate formiche per prendersi cura del bambino. Le fate formiche sono sei minuscole donne laboriose, vestite di tutto punto e con i cappelli raccolti sulla nuca.
Assomigliano ai Lari latini, protettori della casa e legati al mondo dei morti che benevolamente ci proteggono. E se quella narrata in questo albo non è una storia di morte, è certamente la storia di una rinascita. Abbandonare l’infanzia rappresenta per ciascuno di noi un piccolo lutto, invisibile per lo più, qualcosa che perdiamo senza accorgercene lungo il percorso della vita.
Nel mondo romano i Lari venivano deposti come statuine (sigilla) nella nicchia di un’apposita edicola. La nicchia veniva aperta il 17 dicembre quando si svolgeva la festa dei Saturnali, durante la quale i parenti si scambiavano in dono le minute statuine raffiguranti i cari defunti. La festa venne poi estesa fino al 23 dicembre giorno in cui avveniva lo scambio dei regali.
Nel racconto di Shin Sun-Mi le fate formiche arrivano dal nulla, ma sembrano legate alle piccole cose: agli scrigni, alle pantofole, agli oggetti della vita domestica. Si potrebbe pensare che siano letteralmente nascoste in casa, in quella domus che da bambini diventa l’universo magico di molte creature e si permea di molte visioni, specialmente durante i giorni in cui si è ammalati.
Le fate formiche si assomigliano tra loro, ma una indossa una gonna di un rosso più acceso e guida la spedizione: c’è chi versa la medicina nel cucchiaio (il bambino serra le labbra), c’è chi si spoglia per immergersi nel catino dell’acqua e strizzare la pezzuola per la fronte, chi accudisce la mamma mentre dorme.
“Deve essersi stancata molto prendendosi cura di te. E poi adesso è mamma”
“Conoscete la mia mamma?”
Le fate formiche la conoscono fin da quando era piccola.
Ed ecco che l’ago di She Sun-Mi, senza quasi farsi accorgere, ricama il presente con il passato. La pagina si gira e la mamma addormentata, nella stessa posizione, vestita con identici abiti, è diventata una bambina, il capo poggiato su un guanciale a motivi floreali, dove dentro ogni fiore ci sono minute figure di donna. Le fate formiche ora ricordano e She Su-Mi affida il ricordo alla sola bellezza delle illustrazioni.
La mamma-bambina aveva regalato alle fate formiche un anello. Poi piano piano lei si era allontanata. Di nuovo sono le illustrazioni a tenere insieme passato e presente, nei passi di una bambina che prima gioca, poi va a scuola e infine diventa donna. Un silenzio carico di storie accompagna questo albo.
Le fate formiche sono piccole donne e sono anche bambine (un pò sbadate a dire il vero, rovesciano parte della medicina sul pavimento), ma sanno prendersi cura; sono curiose (la mamma da piccola le aveva sorprese nel suo scrigno dei tesori), ma provano nostalgia per un tempo passato. Sono forse vecchissime bambine, creature antiche e immutabili che ogni tanto appaiono da un nulla carico di misteri per giocare e accudire. E per riportarci qualcosa di prezioso che forse avevamo dimenticato.
La mamma si sveglia. La febbre del figlio è scesa. La sua mano di donna raccoglie un anello vicino al cuscino del suo bambino addormentato.
“Ma… questo anello…”
L’anello, piccolo oggetto d’infanzia, fa risuonare cassetti e scatole lontane, luoghi forse dimenticati dove da bambine riponevamo cose di nessun valore, eppure preziose. L’anello come oggetto di fiaba, cerchiolino d’oro smarrito nella bocca di un pesce, donato, perduto e infine ritrovato, portatore di felicità.
L’ago di She Sun-Mi è ancora una volta invisibile, ma ora assistiamo in piena luce alla meraviglia del suo operato: la mamma che tiene in mano l’anello, in una sequenza di quattro tavole, ritorna bambina. Alle sue spalle il gatto rincorre una minuscola figura.
“Come state” domanda la mamma-bambina. La fata con la gonna rossa tende le braccia per abbracciarla.
“Eccoti qui”.
“Quella notte, la mamma e il bambino incontrarono le fate formiche, insieme.”
La conclusione è un esempio di equilibrio perfetto.
“Stai bene, mamma?”
La domanda è rivolta ad un presente e ad un passato contemporaneamente, alla madre e alla bambina di dieci anni che, seduta accanto al figlio, guarda la fata formica nel palmo delle sue mani. In questa domanda di ineffabile potenza, l’ago inanella l’ultimo pezzetto di filo per fermare il disegno sulla superficie della tela. Il miracolo è compiuto, ma un filo scappa dalla trama, si attorciglia e prosegue oltre l’ultima pagina per lasciarci immaginare ancora.
La domanda però non rimane sospesa: stiamo bene quando ciò che eravamo e ciò che siamo trovano un modo per ricongiungersi, quando vegliamo sul futuro di un figlio che sorride di fronte a noi.
Una delle fate formiche, nell’angolo destro della pagina, tiene per mano un bambino-formica, avrà dieci anni. Chi è? Non lo sappiamo, ma è un po’ timido, forse vuole giocare.
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