Pur veicolando un messaggio, non c’è malizia in “Alessandro e il topo meccanico”: lo sguardo adulto è chiamato in causa solo per essere il tramite tra il bambino e il testo scritto. E ci si accorgerà che il testo di Leo Lionni non può essere investito di grandi interpretazioni, perché spingere la voce appena un po’ di più significa rompere la melodia intima della storia, vestire il testo di una teatralità che manca completamente.

Qui il sipario è quello della porta di casa, le scenografie l’ambiente domestico, i protagonisti due animaletti così umili da risultare invisibili, vuoi che si parli del topo d’appartamento, vuoi che si narri del giocattolo preferito di una bambina. E’ piccola la scena, piccole le voci, sottili i fili che Leo Lionni tende da una stanza all’altra.
Alzare troppo la voce significherebbe rompere l’incantesimo.

Leo Lionni crea un piccolo universo perfettamente compiuto in se stesso che al contempo, come una spirale, apre nuove traiettorie nell’immaginazione di un bambino. Un capolavoro della letteratura per l’infanzia, pubblicato per la prima volta da Emme edizioni nel 1973, da leggere e rileggere a bassa voce fino quasi a saperlo a memoria.

La voce deve godere di ogni singola parola, la mano deve girare le pagine lentamente perché le illustrazioni sono preziose e vanno assaporate soprattutto per la loro perfetta composizione.

Una analisi approfondita fra Alessandro e il topo meccanico di Leo Lionni e Sulla collina di Benjamin Davis puoi leggerla qui https://www.radicelabirinto.it/alessandro-e-il-topo-meccanico/ . Un confronto accessibile solo se ci dimentichiamo, per qualche minuto, del fatto che stiamo leggendo una storia di amicizia o “sull’amicizia”.

Albo, questo, che cito nella conferenza Emozioni e sentimenti, la prima di un progetto di cicli di conferenze per sviluppare e approfondire in modo nuovo alcuni argomenti centrali della letteratura per bambini e ragazzi.

Per saperne di più  https://www.radicelabirinto.it/formazione/i-corsi-online-di-alessia/