«Cola si tuffa in mare, osserva tutto quanto e torna a galla: “Maestà, sapete che c’è? Una caverna con dentro un grande fuoco”».

Nel cuore azzurro del Mediterraneo c’è un’isola del tesoro, anzi, dei tesori: è infatti dalla Sicilia che ci arriva l’ultimo prezioso repertorio di fiabe e storie popolari che il grande maestro Giuseppe Pitrè ha sottratto all’oblio più di cento anni fa, trascrivendo parola per parola altre centosettantatré storie ascoltate dai popolani. Dopo il successo delle trecento fiabe sgorgate dal Pozzo delle meraviglie (2013), la Donzelli getta di nuovo in acqua la lenza per ripescare un altro forziere di trame incantate e dimenticate. Questa volta l’amo si cala negli abissi mediterranei, per portare in superficie storie e personaggi suggestivi come quel Cola Pesce di cui la raccolta offre al lettore ben diciassette diverse storie. Talvolta bambino e talvolta uomo, Cola è una creatura per metà umana e per metà marina, a cui un re o una regina divorati dalla curiosità chiederanno di scoprire cosa si celi nei fondali dell’isola e su cosa poggi l’intera Sicilia. Il filo del racconto si tende tra il mito classico – che rimanda ai mostri marini di Scilla e Cariddi sfidati da Ulisse nel suo passaggio dello Stretto di Messina – e la leggenda popolare, che tramandandosi di bocca in bocca si arricchisce di anelli, di coppe, di spade preziose inabissate tra i flutti, di caverne sottomarine da cui sgorga il fuoco dell’Etna, di colonne incrinate e pericolanti, di verghe o lenticchie che tornano a galla sfuggendo alla presa del pesce-uomo annegato. Non a caso, la storia di Cola Pesce fu scelta da Calvino tra le più belle destinate alla sua raccolta di Fiabe italiane. Accanto a Cola Pesce, il lettore troverà vecchie conoscenze come Giufà e Ferrazzano, e un corteo di reginelle capricciose e reucci gabbati, colombe fatate e asini che si chiedono perché le loro orecchie sono tanto lunghe, santi malandrini e popolani astuti; con un rutilante corredo di aneddoti, motti, facezie e proverbi dal sapore antico e la freschezza moderna. Tornate a galla dopo più di un secolo, queste fiabe vengono qui per la prima volta tradotte in italiano dall’originario dialetto siciliano da Bianca Lazzaro e illustrate dalla mano di Fabian Negrin, che ci offre una lettura contemporanea di straordinaria forza evocativa. Non c’era modo migliore per celebrare il centennale della morte di Giuseppe Pitrè, scomparso il 10 aprile del 1916.