Mi sento di poter affermare che il dubbio, l’incertezza, perfino la ritrosia siano le migliori doti dei grandi autori per bambini e ragazzi: dei parametri essenziali che descrivono un avvicinarsi cauto, discreto e, soprattutto, rispettoso del mistero dell’infanzia e dell’adolescenza. E riconoscendo questo mistero, autori come Neil Gaiman, riescono a restituirci storie cariche di inquietudine, storie vibranti che in ultima analisi portano al lettore, adulto o bambino che sia, l’unica cosa di cui abbia davvero bisogno, ovvero: storie vere.

C’è una delicatezza profonda in questo romanzo, uno sguardo lucido, preciso, ma mai supponente.
C’è uno squarcio che si può sempre abitare, uno spazio vuoto sul pentagramma che apre la musica ad altre note, quelle peculiari ad ogni lettore. Questo libro non insegna nulla e nemmeno dichiara di conoscere cosa sia il ragazzo come entità, semplicemente lo racconta.
Neil Gaiman ha guardato il ragazzo con sacralità. Il sacro porta con sé lo stupore e la meraviglia, ma anche il dubbio, l’incertezza, perfino una buona dose di maledizioni, ma soprattutto porta rispetto. Gaiman ha mantenuto la giusta distanza tra sé e la sua scrittura facendo, cosa a mio avviso importantissima, della propria esperienza nelle vaste terre dell’infanzia e dell’adolescenza un metro non sempre affidabile. La bellezza inquieta di Coraline sta proprio qui: alla fine della lettura avrete in tasca più domande che risposte.

Un consiglio di lettura che recensisco qui  https://www.radicelabirinto.it/coraline-di-neil-gaiman-consiglio-di-lettura/