La parola fiaba deriva dal latino fabulare che significa raccontare qualcosa con la voce.
La dimensione orale è parte integrante della fiaba perché è nel suono che si nasconde il loro insegnamento più profondo. Può sembrare strano, specialmente a noi occidentali, far coincidere con il suono delle parole e non con il loro significato, il senso ultimo della fiaba.
Tuttavia se ci soffermiamo per qualche minuto a riflettere, e ripensiamo alla nostra esperienza di narratori o ascoltatori di fiabe, possiamo certamente dire che la fiaba ci conquista solo quando è ben raccontata, affabulata.
Sfatiamo subito un mito: narratore non deve essere un attore.
Il buon narratore è una figura intensa, ma raccolta. Il suo spazio è quello piccolo intorno al fuoco e la sua ombra non deve allungarsi oltre la luce della fiamma. Non ci sono davanti a lui i fari della ribalta e la sua voce non deve arrivare fino all’ultima fila, ma molto più lontano, ovvero nel cuore di chi ascolta.
Il narratore deve attingere l’immaginazione, oltre che dal proprio pozzo personale, anche dagli occhi di chi ha davanti, siano essi adulti o bambini. Non servono gesti possenti e nemmeno personaggi da abitare, non servono maschere e nemmeno costumi. E’ la voce che compie l’incanto perché la voce del narratore è in grado di creare.
Qui un bellissimo repertorio per trovare tutto ciò che serve: il grottesco, il perturbante, il magico, l’incantamento… pronti?