Hans Christian Andersen sapeva bene che la verità è nelle parole dei bambini.

Moltissimi anni fa, così si dice, viveva un imperatore che aveva una passione smodata per i vestiti nuovi e costosi; e sperperava tutto il suo denaro per agghindarsi dalla testa ai piedi. Non gli importava di soldati e teatri e men che meno delle scarrozzate nei boschi, l’unica cosa che gli interessava era mostrarsi con un vestito all’ultima moda. Aveva un abito per ogni ora del giorno e così come di un re si dice “È sempre in consiglio”, di lui si diceva invece: “L’imperatore è nel guardaroba!”

Il mio trisnonno si chiamava Massimiliano, era nato nel 1873 a Guiglia, un paesino degli appennini modenesi, e non aveva frequentato la scuola elementare. Faceva il contadino e alla sera, nella stalla, tra l’alito caldo delle mucche e il profumo del fieno, raccontava ai suoi numerosi nipoti le storie della vita agreste e le fiabe della tradizione.
“Quante ne sapeva!” mi diceva oggi la mia cara nonna. “Noi ci sedevamo intorno a lui e il nonno raccontava e raccontava. Ah se potessi ricordarmele tutte!”.

Mio nonno faceva il ferroviere così lo Stato gli aveva concesso di abitare nella casa cantoniera della stazione centrale di Modena. Passavo molto tempo con la nonna e a volte andavo a dormire nel suo letto.
Ricordo le lenzuola ruvide di cotone, l’odore del nonno sul cuscino e le mie fiabe preferite: Prezzemolina, dove compariva il Pitofè – “Non ho mangiato né bevuto, il Pitofè non ho veduto” – e La bella dai capelli d’oro, dove le stoviglie parlavano e la scopa faceva la spia alla strega.

Mentre la nonna raccontava al buio, io guardavo le luci che gli scuri disegnavano sul soffitto e sentivo i treni passare. La stanza da letto della nonna era la più fredda della casa – ancora oggi lei non accende il calorifero dove dorme – e io mi rincantucciavo contro il suo corpo soffice avvolto in una camicia da notte di flanella, infilavo i miei piedi tra le sue gambe e cercavo di rimanere il più immobile possibile.

Non è facile oggi parlare di narrazione. In libreria bisogna sempre specificare ai genitori che si prenotano per Il focolare delle fiabe, che una narrazione non è né una lettura ad alta voce né tanto meno una “lettura animata”.

Si può capire meglio il valore di una fiaba raccontata a memoria e distinguerla da una lettura ad alta voce se abbiamo avuto un imprinting: se durante l’infanzia, qualcuno ha narrato per noi  sarà più facile riscoprirsi narratori e riaccendere la fiamma del proprio focolare domestico, perché qualcosa di estremamente potente si imprime nell’immaginazione, un incanto che travalica il tempo e sa riemergere quando richiamato.

La fiaba è una miniera di tesori, un luogo fertile in cui seminare le esigenze della propria immaginazione.

Strumento principe in tale processo è il racconto orale attraverso il quale si riconquista la forza del pensiero e la capacità di immaginare. Rafforzando l’immaginazione e la volontà le storie diventeranno la fonte primaria di ispirazione, mondi dai confini indefiniti nei quali rincorrere la propria voglia di scoprire e domandare.

Il mio corso Raccontami una fiaba è per tutti coloro che amano le fiabe e desiderano riscoprire la bellezza del racconto orale. Maggiori informazioni qui: https://corsi.radicelabirinto.it/courses/raccontami-una-fiaba