Se la prima cosa che ci viene da dire su questo libro è che qui sono raccontati dei bambini “veri”, abbiamo un problema irrisolto “con”, e un quesito da porre alla…letteratura per l’infanzia.
Il problema può essere posto con questa domanda: “cosa pensiamo di ciò che abbiamo letto fino ad’ora?”
E il quesito invece potrebbe essere: “cosa ci aspettiamo dalla letteratura per l’infanzia?”
La letteratura per l’infanzia non è fatta di bambini veri, ma di storie. Le storie sono anche quelle che raccontano di bambini immaginati, sognati e pensati. E non è detto che sia un male, anzi: ci vuole talento, e non poco, per costruire trame convincenti su qualcosa che trae dall’infanzia solo in parte la sua ispirazione.

È chiaro che non penso che il lettore legga “Jip e Janneke” come una storia vera, per certo sa di essere davanti ad un’invenzione letteraria, ma il fatto che quello stesso lettore possa definire “veri” quei due bambini, è a mio avviso sufficiente per fare una riflessione più profonda sulla letteratura per l’infanzia.

Jip e Janneke possiedono quasi tutte le caratteristiche di verosimiglianza, metaforiche e metonimche di cui parlavo prima, per questo leggendo il libro di Annie M. G. Schmidt ci viene da esclamare: “Ecco i bambini!” proprio perché nella loro perfezione letteraria risvegliano e richiamano in noi, ancora una volta, una certa idea d’infanzia, quella che definiamo “vera”.

Se Jip e Janneke sono bambini veri perché secondo noi sono molto vicini ( o simili) ai bambini reali, allora vi chiedo di collocare su una linea immaginaria cha va dal “bambino vero al bambino meno vero”, Max de “Nel paese dei mostri selvaggi” che naviga per un anno e diventa re di un’isola di strane creature ; Pippi di “Pippi calzelunghe” che solleva cavalli e mangia chiodi a colazione; Harold de “La matita viola” che se ne va in giro, in pigiama, a costruire il mondo; la bambina de “L’onda” di Suzy Lee che dialoga con l’oceano. E potrei andare avanti ancora per molto.

Max, Pippi, Harold…Sono bambini veri o finti? In base a cosa stabiliamo la loro “verosimiglianza” con …con cosa?

Con i bambini “veri” ? Con una certa idea d’infanzia? Forse può risponderci Pinocchio che si colloca esattamente al confine tra questi due concetti – bambini e infanzia – che a ben guardare finiscono per coincidere: Pinocchio fa tutte le cose che fa un bambino “vero” soprattutto quando è un burattino di legno, e allo stesso tempo ci conduce costantemente davanti ad un’immagine d’infanzia che muta come i colori di un prima: ora ambita, ora rifiutata, ora sognata, ora maltrattata, ora stupefacente.

Jip e Janneke ce lo dimostrano: “Noi siamo per i bambini” ci sussurrano dal bianco del foglio; “noi rappresentiamo una parte di voi: giochiamo, inventiamo, parliamo, mangiamo…noi vi raccontiamo un po’ la vita” .

Ps: Alla sera, quando chiudo la libreria, io so che Jip e Janneke escono dalle pagine e vanno sull’isola dei mostri selvaggi, mentre stringono la mano a Peter Coniglio, seguiti da un topolino di nome Federico. Harold già li aspetta oltre lo specchio pronto a disegnare una nuova avventura insieme ad Alice.

Se desideri intrecciare all’acquisto di questo libro anche i due seguiti, “Jip e Janneke. Vieni a giocare?” e “Jip e Janneke. Un anno in festa”, puoi farlo scrivendoci alla mail acquisti@radicelabirinto.it