Mi accingo a scrivere questa recensione con l’intenzione di tenere la mia penna in bilico tra l’incoraggiarvi all’acquisto di questo albo di Sante Bandirali e Alicia Baladian edito da Uovonero, e lo spingervi a riscoprire le fiabe di Luigi Capuana per le quali vi consiglio la raccolta di Donzelli dal titolo “Stretta la foglia, larga la via” con le illustrazioni di Lucia Scuderi. Questa recensione vuole inoltre essere una riflessione sulla fiaba e non da meno sull’infanzia contemporanea, ma anche sulla scrittura dedicata ai bambini. Partiamo dicendo che la fiaba di Luigi Capuana “L’uovo nero” da cui l’albo di Sante Bandirali prende e le mosse, è un piccolo capolavoro di ironia, saggezza popolare, e inventiva letteraria. A differenza del conterraneo Giuseppe Pitrè, Luigi Capuana, pur ispirandosi alla tradizione siciliana e meridionale ( attingendo proprio dal repertorio raccolto da Pitré – che certamente ha aperto le porte alla scuola palermitana di etnologia) scrive le fiabe facendole nascere direttamente dalla sua fantasia. Considerate dalla critica tra le sue opere più riuscite dove la scrittura si fa schietta e veloce, perdendo quella retorica che a volte accompagna i suoi romanzi, Luigi Capuana riesce a costruire un immaginario fiabesco di grande impatto, dove colori, odori e suoni disegnano un repertorio coeso e coerente capace di attrarre il lettore con la sua sinestesia sgargiante. Sono intensamente vivide le fiabe di Capuana, grottesche e per questo vitali: teste mozzate, cibo profumato e abbondante, polvere e velluti, fate e reginotte…sono costanti interessanti e duttili nella sua immaginazione che combina e ricombina miseria e nobiltà senza risparmiare al lettore risate e orrori. Il tutto è condito da un’allegria tangibile che ci trascina in un turbine di parole scoppiettanti e pulitissime. Nessun arzigogolo, nessun ammiccamento, tutto fila liscio fino al finale, spesso rapido e spiazzante come nella miglior tradizione fiabesca.

Cosa resta di tutto questo nell’albo di Sante Bandirali e Alicia Baldan?

Rimane l’eco dell’ironia e la freschezza dello sguardo. Si perdono invece le tinte forti e i numerosi ritornelli della fiaba originale che avrebbero allungato la vicenda oltre la misura canonica dell’albo illustrato. Così, in questa riduzione, la fiaba dell’ Uovo Nero risulta per i più piccini, un ponte verso la letteratura, ma fore perde un po’ di mordente per i lettori più grandi ( penso già ai cinquenni), i quali di contro potrebbero trovare pieno godimento nel leggere la fiaba originale. Mirabile lo sforzo di Alicia Baladan nel trovare un punto equilibrio tra il nuovo testo di Sante Bandirali e i paesaggi letterari di Luigi Capuana.

Le illustrazioni si collocano in un indefinito periodo storico che mescola insieme suggestioni medievali, rinascimentali e ottocentesche in un guazzabuglio allegro che sospende la narrazione nel “non tempo” della fiaba.

Tutto in questo albo sembra attestarsi in una dimensione “per piccoli” anche se occorre sempre considerare il paradosso della letteratura illustrata italiana per cui un albo con “tante parole” come questo fatica ad arrivare nelle mani di treeeni e quattrenni. Così “l’uovo nero”, anche in virtù del genere fiaba, sarà senza dubbio proposto, nella maggior parte dei casi, a bambini in età scolare, non rispettando a mio avviso la dignità di un lettore seienne che può senza alcun dubbio affrontare e godere appieno della fiaba originale. Lo stesso carattere tipografico usato per il testi di Sante Bandirali é un font che prelude ad una lettura individuale.

Che cosa può dunque fare il lettore adulto? Può leggere questo albo già dai tre anni (e credo si stupirà molto dell’attenzione che riuscirà a sollecitare) e leggere invece ai bambini più grandi ( dai cinque, ma anche prima) la fiaba originale di Luigi Capuana.

Credo possa per altro essere molto avvincente passare da una versione all’altra notando, senza perdere il gusto della lettura dell’albo, quanto sia interessante e divertente la fiaba autografa d’autore.