Una formica, una farfalla, un erba di campo, i rami del salice, i merli, la margherita… sono sempre sotto al nostro naso, per quanto a forza di vederli, siano diventati invisibili. “Poemario di campo” fa fremere i fili d’erba, li apre come un sipario (e lo stesso fa con la calura estiva della campagna) e vi mostra ciò che non sapevate più guardare con attenzione. Non vi chiede uno sforzo di meraviglia: sono versi piccoli, così come veloci e quasi sfuggenti sono i tocchi del pennello di Leticia Ruifernández. Qui poesia e illustrazione, non vogliono farvi spalancare la bocca, ma far affiorare un ricordo, un pensiero, una sensazione. Un vecchio pioppo, una passeggiata lungo un argine, l’aria piena dello zucheti zucheti (in ricordo di Gesualdo Bufalino) delle cicale.

E più la memoria è semplice, agganciata a qualcosa di effimero pur nella sua potenza d’essere, più le poesie di Alfonso Palacio sapranno riportare alla luce (sinonimo di rinascere) qualcosa che avevate scordato o a lungo avete dimenticato di osservare. Saranno queste minuscole epifanie a rendervi felici nel vostro fazzoletto di giardino, lungo la strada che porta al lavoro e che costeggia un fosso o un guardrail , là dove l’incuria dell’uomo ha lasciato spazio alle erbe vagabonde, che come la poesia, ci ricordano che il nostro ecosistema, esteriore o interiore, è più ricco di quanto pensiamo.

E oggi che ho tra le mani “Poemario di campo” di Alfonso Palacio e vorrei potervene parlare, mi viene in soccorso García Lorca e la sua poesia che ho conosciuto a quattro anni, grazie a mio padre. Mio padre mi declamava la poesia dei suoi poeti prediletti e mi chiedeva di impararne a memoria alcuni versi. Così ho incontrato García Lorca, sfogliando senza saper leggere due grandi libri dalla copertina rossa (una bellissima edizione della Guanda con la traduzione di Carlo Bo). Di quei libri, più di ogni altra amavo la poesia “Pioppo Vecchio”… Scopri di più leggendo la mia recensione per intero qui https://www.radicelabirinto.it/poemario-di-campo/