Vorrei essere una vecchia libraia

A volte vorrei già essere una libraia molto anziana, con una voce segnata dalle tante fiabe narrate e dai tanti libri letti e consigliati; ho l’idea che se il mio viso mostrasse più anni e la mia voce fosse più lenta e più grave, i miei consigli appassionati avrebbero un altro effetto su chi si avventura a Radice-Labirinto alla ricerca di un libro.

La mia voce si muove ancora con troppo impeto quando si tratta di suggerire ad un cliente un libro ricco di parole per un bambino piccolo, di regalare un classico, o di non contare il numero delle pagine se si vuole suggerire un libro di narrativa ai propri allievi della scuola primaria.

Vorrei invece sentire sulle mie parole il velo benevolo del tempo, capace di trasformare l’impeto in saggezza e l’esperienza in consigli scevri di quello spirito battagliero che oggi pervade, più o meno palesemente, ogni mio riferimento alla lettura contemporanea per bambini e ragazzi.

E tutto questo per vedere poi, sul volto dei miei lettori, il credito bonario e che si dà agli anziani quando parlano di cose che sanno da tempo o la felicità inaspettata che si prova quando si entra in una libreria e si incontra una vecchia libraia che racconta fiabe e conosce molte storie a memoria. (E mi fa sorridere pensare che nei corsi di narrazione invito le mie giovani allieve ad immaginarsi, mentre narrano o leggono, curve  vecchiette sdentate.)

Illustrazione di Sibile Von Hofer

Oggi, invece, mi barcameno tra il domare pensieri incandescenti quando ai miei sforzi si oppone uno scialbo “…e però…”, e il contenere lunghe conversazioni nelle quali mi vedo sciorinare molte delle mie convinzioni come fossero piccole formazioni estemporanee.

Questa passione di libraia ancora acerba mi porta spesso a dover considerare due effetti contrastanti delle mie accorate orazioni: o esse diventano fari nella nebbia oppure suscitano un vago sentimento di diffidenza mista ad una malcelata irritazione. 
La verità è che io non dovrei essere tanto appassionata perché questo mio impeto può portare solo a due atteggiamenti possibili che detesto in egual misura: l’elezione della mia persona a status di “guida” o l’antipatia più sentita.

In quanto alla “guida”, paradossalmente, l’unica cosa di cui ho certezza sul cammino impervio della mia crescita personale di libraia, sono i dubbi che il mio mestiere mi provoca continuamente. Per questo inizio ogni incontro di formazione dicendo che il mio compito non è quello di fornire ricette o di elencare alcuni capisaldi della lettura con i bambini, ma semmai quello di portare dubbi e sollevare pensieri critici intorno a tutti gli aspetti del libro.

Nonostante questa dichiarazione d’intenti non posso fare a meno di constatare come, inevitabilmente, il dubbio, se ben sedimentato, analizzato e lavorato, riesca a costruire pensieri luminosi che provocano nei lettori una forte fascinazione; fascinazione incapace però di mostrare la giusta misura dei miei dilemmi interiori.

In quanto all’antipatia, me ne dispiaccio davvero molto, perché se è vero che sono l’entusiasmo e le affinità affettive a giocare un ruolo fondamentale quando si vuole leggere ad un bambino, allora forse la scarsa empatia con il libraio può fare la differenza nella scelta di un libro.

Quindi spero che un giorno, quando sarò una vecchia libraia, pur continuando ad alimentare i dubbi – che sono la vita del pensiero – io possa lasciarli sedimentare sul fondo di una fonte limpida alla quale condurre i miei lettori, a volte travolti dall’onda inquieta della mia giovane esperienza.

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