“Gabriel Pacheco mi ha detto di dirti che si è emozionato quando ha visto le foto, l’allestimento gli è piaciuto moltissimo”.
Così ci ha scritto Lina Vergara, direttrice della Logos, riportandoci le parole di Gabriel Pacheco, illustratore de “L’Aggiustacuori”.
Sono le nove di sera di Domenica 15 settembre. Io e Dario siamo entrambi molto stanchi e infreddoliti mentre ci apprestiamo a chiudere la libreria. In piazza Garibaldi rimangono solo i bidoni della carta e della plastica mentre la pioggia lucida la strada e la luce dei lampioni si increspa sui coriandoli colorati rimasti tra i ciottoli.
Sono stati due giorni intensi: il sole di sabato e domenica mattina ha portato a Festival Filosofia moltissime persone, bambini e genitori si sono affollati nel laboratorio di Mattia dove cuori di carta e pasta di zucchero sono stati decorati da indaffarate manine che incollavano, impastavano, ritagliavano e coloravano.
La pioggia di Domenica pomeriggio ha purtroppo interrotto il laboratorio di piccola pasticceria. Cose che capitano; d’altra parte i bambini sarebbero stati tranquillamente sotto la pioggia a seguire le indicazioni di Francesca che dolcemente insegnava loro come modellare cuori con la pasta di zucchero. Ridevano tutti, anche i genitori, reggendo gli ombrelli e stringendosi nei golfini.
Quello che resta a distanza di pochi giorni da un evento che ha visto impegnati Il Castello dei ragazzi e Radice-Labirinto per molti mesi è la sensazione che si è davvero costruito qualcosa, e non parlo solo del laboratorio in piazza Garibaldi.
Certamente le giornate di sabato e domenica hanno reso visibile il frutto di tanto lavoro consegnando ai bambini quello che altrimenti sarebbe rimasto un laboratorio inanimato. Oggi però voglio parlare di ciò che rimane sotto la superficie e che invece genera cambiamento.
A volte ci sono fratture che paiono incolmabili, eppure Mattia Aggiustacuori ci insegna ad usare “pinze intrise d’oblio” per regolare l’ora di chi è rimasto indietro per non rattristarsi sui ricordi del passato. Ed è forse proprio questa la cura: dimenticare vecchi meccanismi senza discuterne ancora, procedere lungo la strada del futuro mettendo in gioco nuove forze e nuove energie. Così la Biblioteca e la libreria hanno guardato avanti, si sono strette la mano e per Festival Filosofia hanno lavorato insieme, dando una sfumatura diversa alle parole pubblico e privato.
Certo bisogna avere un obbiettivo comune e condivisibile, sentire che sia possibile una discussione basata su competenze reali e agire per un fine nobile come quello di rendere una città a misura di bambino per un’occasione importante.
La cultura si fa così, collaborando. Lavorare insieme è possibile, unendo le forze si produce quasi sempre qualche cosa di bello. La biblioteca ha curato insieme a noi l’allestimento aprendoci le porte della sua soffitta dove giacevano scenografie in attesa di essere riutilizzate, ha messo a disposizione il suo personale e la sua gentilezza. E nessuno si è tirato indietro, anzi ciascuno ha contribuito a rendere il laboratorio dell’Aggiustacuori una vera officina dell’allegria aggiustando ciò che era rotto, rinfrescando vecchi materiali, spostando e montando gli allestimenti anche sotto la pioggia.
Forse questo articolo apparirà retorico, ma ho deciso di rischiare, di espormi perché credo fermamente che le belle sensazioni provate in questi giorni sono reali e forti e metteranno radici. Sono poco ferrata di politica, so che nominare pubblico e privato potrebbe mettermi in una posizione scomoda e farmi passare da ingenua. E’ chiaro che ognuno ha i suoi interessi da difendere, ma c’è anche molto altro. Ci sono persone che credono in quello che fanno, che non si risparmiano e amano il loro lavoro facendolo diventare un mezzo efficace per mandare un messaggio. I destinatari del messaggio nel caso della Biblioteca Il Castello dei Ragazzi e della libreria Radice-Labirinto sono i bambini, a loro il compito di prendere di queste giornate la bellezza e l’armonia; ai loro genitori lasciamo la consapevolezza che la città si muove e respira e ci sono sul territorio istituzioni che difendono l’infanzia e la sostengono coltivando immaginazione e speranza, collaborando insieme.
A cosa serve un festival se una volta smontato il palco e congedati gli ospiti non resta sul territorio una traccia da seguire? Se si lavora di cuore si smette paradossalmente di lavorare, si torna a casa felici di aver contribuito ad aggiungere un tassello ad un mondo che può essere migliore di così. Mentre si smontava sotto la pioggia e si rideva e si scherzava ho ripensato alla mia esperienza in teatro. Del teatro il ricordo più caro è senza dubbio la sinergia che si creava dietro le scene, non c’era ruolo da protagonista che valesse più della sua spalla, del ragazzo che procurava l’attrezzeria, del macchinista o del fonico: tutti si adoperavano affinché lo spettacolo riuscisse nel migliore dei modi e questa tensione emotiva condivisa e percepita era la vera forza, la vera ricchezza del teatro e ciò di cui ho più nostalgia.
Nel montare il laboratorio dell’Aggiustacuori ho di nuovo provato quella gioia ed è per questo che volevo condividerla con voi.
Quindi ora ringrazio una per una tutte le persone che hanno reso il laboratorio un luogo del cuore e fonte di ispirazione per i progetti futuri:
Veronica, Emilia, Stefania, Daniele, Francesca, Dario, Tiziana, Odoardo, Gianfranco, Giorgio, Elisa e Florenzia. Grazie.
Un grazie a tutti quelli che hanno partecipato, alle mamme, ai papà, ai nonni e soprattutto ai bambini.