La prima edizione di questo libro è del 1957 e il suo titolo originale Where is everybody?.
Dalle pagine di Dove sono tutti? traspare la sfaccettata creatività di Remy Charlyp e non di meno le influenze di una vita spesa per l’arte, con l’arte e oltre l’arte. L’apparente semplicità narrativa di questo magnifico albo traduce una padronanza del vuoto, del ritmo e delle forme che solo pochi illustratori (e penso a Leo Lionni, a Iela Mari, a Maurice Sendak e a Crockett Johnson) hanno saputo padroneggiare.
Fin dalla prima pagina, il vuoto a cui ci troviamo davanti ci racconta qualcosa e la cosa è già di per sé stupefacente. E’ come in teatro: la scena non popolata è solo una storia incipiente. Una volta che il sipario si è aperto (in questo caso la copertina del libro), noi sappiamo che qualcosa può (o deve) accadere.
“Ecco” dunque che “Il cielo vuoto” di Remy Charlip – così come riporta la frase in basso a destra – non è altro che questo: un bianco numinoso che si impregna non tanto dei suoni dell’ambiente circostante, ma del potere creativo dell’immaginazione. Come pensare dunque che nulla stia succedendo?
Girare pagina diventa, a questo punto, un gesto necessario, impellente ed emozionante: nel cielo vuoto compare un uccello. Come in una coreografia, pagina dopo pagina, entrano in scena nuovi elementi: il sole, le colline, un fiume, un albero, un pesce…Una sorta di genesi tutta da scoprire.