“C’è chi dice che veniamo dallo spazio, che siamo fatti di polvere di stelle e che un tempo siamo caduti qui da non si sa dove.
Così, andiamo al parco.”
Dopo aver recuperato, in tutti i sensi, lo sguardo bambino, siamo pronti per vedere nel parco giochi un mondo vasto, popolato di presenze e di cose, un posto dove l’invisibile diventa tangibile e dove i pensieri dei bambini si fanno grandi nell’accogliere il quotidiano.
Forse veniamo dalla spazio… così andiamo al parco. Ci stupisce questo atterraggio: da tanto lontano, da uno “non luogo” immenso, al mondo in un granello di sabbia. Un parco giochi visto dalla spazio non esiste, è troppo infinitesimale: ci vorrebbe un microscopio potentissimo per osservarne la vita come facciamo in laboratorio quando esploriamo una cellula. Da quel parco vedremmo a volte i bambini guardare verso l’alto, ricondurre le loro storie al cielo; li vedremmo ogni tanto sdraiati a pancia in sù a cercare la luna anche se è giorno. Il parco di Sara Stridsberg è un ponte, un luogo speciale dove i bambini studiano il mondo. È un albo dal sottile equilibrio narrativo, con una pagina in più che poteva essere omessa e che possiamo saltare nella lettura (da “Non vogliamo tornare…” a “per noi non c’è più spazio”); un albo che tiene dentro lo sguardo di un bambino di cui possiamo sentire i pensieri ancora inconsapevoli. Sì, perché “Al parco” è uno di quegli albi che sa entrare nell’infanzia, ma guardandola da fuori come da un microscopio appunto, immaginando i pensieri delle cellule, traducendoli per noi con la coscienza di un adulto che sa ricordare e guardare.
Un esercizio interessante per guardare il mondo e i bambini che lo abitano con spirito narrativo e antropologico. Un albo che si pone a metà strada tra l’adulto e il bambino per leggere il mondo insieme a loro e trovare forse le parole per dirlo. Qui possiamo metterci accanto, a volte sollevarci in aria, a volte scrutare l’invisibile, per accogliere l’altro nel mondo. In fondo l’infanzia è un altro da noi, un universo che un tempo abbiamo abitato; un bambino è un alieno tra due mondi, e proprio perché vive sulla soglia può condurci a raccontare storie sul mondo e per il mondo. Possiamo ascoltare senza sovrapporci e possiamo guardare senza interferire dando dignità ai nostri pensieri e ai suoi.
Anche Beatrice Alemagna ci offre questa opportunità con le sue tavole che intrecciano buio e luce, materia e spirito. Un’illustrazione potente e sperimentale che sorprende per intensità e visione. Anche queste tavole sono un mondo da accogliere.
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