Ed eccomi infine arrivata qui, tra le pagine di questo albo che tanto sta facendo discutere il popolo degli addetti – e non addetti – ai lavori nel campo della letteratura per l’infanzia.
Cosa ne penso io? Me lo avete chiesto in tanti.
Penso che sia paradossale discutere di traduzioni e di poesia quando di poesia e traduzioni normalmente parliamo pochissimo.
Siamo tutti nostalgici della “ridda selvaggia”, ma quando incontriamo “la pargoletta mano” di Giosuè Carducci strizziamo gli occhi e scrolliamo le spalle per tanta vetustità; ci dispiaciamo per il perduto “ E io ti sbrano!” , ma poi di fronte a certi testi di albi illustrati tradotti visibilmente con i piedi non diciamo una parola e chiediamo il conto senza esitare se le illustrazioni ci attraggono inesorabilmente.
Eppure c’è un lato positivo implicito in tutto questo argomentare: la letteratura quando viene letta e riletta, vince.
E vince aldilà di ogni possibile “uso” del libro illustrato ( e nel paese dei mostri selvaggi ne ha fatte di capriole!).
Se letto e riletto il testo di un albo, di una poesia, di un romanzo diventa famigliare a tal punto da farcelo sentire nostro.
Allora sarà bene ricordarla questa diatriba quando rifiutiamo di leggere un libro che contiene “parole difficili” ad un bambino piccolo, quando storciamo il naso di fronte alla poesia, quando sentiamo istintivamente che qualcosa nella musicalità di un libro non funziona.
Se impariamo ad affinare la lingua e l’orecchio alla buona letteratura, allora matureremo un senso critico e letterario implicito che ci farà scegliere con maggiore discernimento i libri sugli scaffali di una libreria. Un senso critico e musicale che ci sappia far rabbrividire di fronte ad una scelta lessicale sciatta o ad una prosa senza gusto, ritmo, talento e qualità.
Ps: Sia la traduzione di Porta che quella di Lisa Topi scorrono molto bene e quando la lingua è dolce nessuno perde.