“Quando tutti dormono e fuori è buio, i fiori si svegliano e saltano allegramente dappertutto e ballano per un tempo che sembra eterno’. ‘E può un bambino andare a questo ballo?’ ‘Certo!’ replica lo studente. ‘Tutti quei bambini che sono come piccole margherite e mughetti.”
Lo studente, seduto sul divano, ritaglia meravigliose figurine di carta per la piccola Ida mentre le racconta che di notte i fiori ballano nel castello del re. Danzano alla luce della luna e Ida, se lo vorrà, potrà vederli dalle grandi vetrate. Nonostante il Cancelliere, amico di famiglia, sostenga che lo studente dica solo un sacco di sciocchezze, la piccola Ida crede ad ogni parola. E se davvero i fiori sono stanchi per aver tanto danzato, sarà opportuno dare loro un confortevole lettino dove trascorrere le ore del giorno. Il lettino è quello della sua bambola Sofie che viene momentaneamente riposta in un cassetto.
Poi arriva la notte e Ida va a dormire, ma nel silenzio della casa addormentata sente suonare una graziosa musica, e, senza far rumore, al buio, scende in salotto e assiste a una grande meraviglia: nella stanza, a danzare, non ci sono solo i suoi fiori, ma anche quelli del castello reale! Rose, violacciocche, garofani, campanule, bucaneve e pratoline. Con loro danzano anche la bambola Sofie, il pupazzo di cera e l’omino brucia incenso.
Alla luce del giorno seguente, a Ida non resta tuttavia che constatare che i suoi fiori sono definitivamente appassiti; non rimane dunque che dare loro una degna sepoltura. Ma Ida sa, in cuor suo, che a primavera tutti loro ricresceranno più belli che mai.
Ritagliare, recidere, cogliere. Fragile, perituro, delicato. Ma anche: sempiterno, infanzia e sogno. Ecco le parole di questo libro, che è un albo, ma che è soprattutto una fiaba.
Vi ritroviamo un Hans Christian Andersen giovane e una Daniela Iride Murgia sapiente.
A metà via, o meglio, nella terra di Danimarca a cui Daniela Iride Murgia è legata per affetti famigliari, un autore straordinario e una illustratrice capace si sono incontrati, anche se l’impressione è, in vero, che si siano ritrovati. C’è una comunione profonda in questo libro, qualcosa di impalpabile che pure esplode in tutta la sua magnificenza pagina dopo pagina: un’amicizia intellettuale tra autore e illustratrice, un’intesa che forse qualcuno definirebbe un’affinità elettiva.
Ho spesso trovato le illustrazioni di Daniela Iride Murgia fuori contesto: benché ne abbia sempre riconosciuto il talento, i libri da lei illustrati non mi hanno mai convinta de tutto come se la chiave non girasse con soddisfazione nella serratura, come se ci fosse, nelle sue illustrazioni un eccesso di pensiero che i testi (persino quelli scritti dalla Murgia stessa) non sono mai riusciti a contenere, o, di contro, ad esaltare. Ma qui, Nei fiori della piccola Ida, ho finalmente sentito il “clic”. Deve essere una specie di magia quando accade perché improvvisamente niente è di troppo e ogni parola, ritaglio, dettaglio occupa il posto che deve.
La fragilità e la poesia di una delle prime fiabe pubblicate da Hans Christian Handeren si lega all’etereo e al tempo stesso potente immaginario di Daniele Iride Murgia che come un fuoco d’artificio decora guglie, scalinate, vie cittadine, salotti, studioli… di fiori, palmizi, ed erbe selvatiche.
Hans Christian Andersen eccelleva nell’arte del ritaglio: aveva spesso un paio di forbici in tasca e molte delle sue figurine sono in mostra ancora oggi al museo di Odense. Amava gli oggetti e i fiori questo affabulatore straordinario e tormentato, le piccole cose, la poetica sottesa ad un quotidiano composto da gesti minuti, della luce obliqua di una finestra, dai fiori raccolti e poi presto appassiti.
Uno sguardo da Pierrot Lunaire che conosce le storie segrete dei fiori che la notte hanno a lungo danzato e che all’alba, sfiniti, abbassano le loro corolle sciupate.
C’è in questa fiaba la stessa giocosa e sognante inquietudine del soldatino di stagno, dei sette in un bacello, della collana di perle, della teiera, dell’ago da rammendo, delle candele, insomma di quelle fiabe in cui Andersen dà voce alle minuterie delle stanze dei bambini, dei cassetti, delle ceste del cucito, quasi che gli oggetti – e solo essi – potessero raccontare del mistero e della bellezza peritura dell’infanzia, con il tempo limitato delle nursery, sospese, come le ore della notte, nello spazio di una casa.
E se si tratta di gettare una luce benevola sulle minuterie, le illustrazioni di Daniela Iride Murgia risultano esemplari: esse sono, a guardarle bene – e vi consiglio una lente d’ingrandimento, un mondo nel mondo, una mappa di linee sottili che si rincorrono e si intrecciano, disegnando, con caparbia intenzione, ognuna la propria strada. Ogni fiore appoggiato agli eleganti ritagli di chiese, stanze e toilette, ha una sua unicità, una sua essenza. Sfogliando le pagine anche il lettore assiste al ballo dei fiori.
Le atmosfere ottocentesche sono pienamente rispettate, la luce della terra danese pure.
Un altro libro per bambini antichi, verrebbe da dire, se non fosse che la dimensione della fiaba rende probabilmente tutto più accessibile. E’ tuttavia indubbio che qui il patto narrativo tra autore e lettore è duplice: c’è una fiaba, ma c’è anche una raffinata trasposizione illustrata della più bella letteratura per bambini che conquista il cuore suscettibile dell’adulto innamorato.
Eppure il senso ultimo di questa storia non è scontato: uno studente ricco di fantasia e una bambina delicata che si concedono un credito reciproco di immaginazione. Entrambi credono a ciò che l’altro dice e sogna, e per questo riescono a vedere quello che invece sfugge al Cancelliere brontolone che dal sofà assiste alla conversazione di due anime sedotte dall’invisibile.
Una fiaba che è a sua volta un credito pagato all’infanzia, con le sue storie fragili – come fiori recisi – le sue eternità, i suoi sogni, le sue figurine ritagliate nella carta che è un attimo strappare e rompere, ma che se ben conservate continuano, dal museo di Odense come dal libro di Daniele Iride Murgia, ad esercitare il loro fascino su tutti coloro che desiderano ancora vedere le fate e i fiori danzare al chiaro di luna.