Leggere e giocare

Il buon libro per bambini è spesso legato a buoni contesti culturali: a famiglie di lettori e a scuole seguite da un coordinamento pedagogico qualificato.

Non è detto che questi ambienti sappiano individuare il buon libro da quello meno buono, ma di certo sono contesti in cui il libro approda non solo con disinvoltura, ma anche con la volontà di fare bene.
“Il fare bene” è associato all’idea – non sempre consapevole – che un bambino lettore possa diventare più intelligente, capace, disponibile e più ricco ( di vocaboli e linguaggi ); e questo non tanto rispetto agli altri bambini, ma rispetto ad un ideale promosso dalla società contemporanea che veicola un’infanzia performante, sensibile e foriera di un futuro migliore.

Si diventa più capaci, sensibili e intelligenti leggendo? Probabilmente sì.

Chiaramente in veste di libraia vorrei specificare che i buoni libri e le buone storie sono decisamente più efficaci per far attecchire una visione del mondo e di sè veramente ricca, ma non è di questo che oggi mi preme parlare.
Vorrei invece tener buono il fatto che indipendentemente dal libro, un bambino che legge ha molte probabilità di acquisire una consapevolezza di sè e del mondo piuttosto forte.

Bene, a questo punto del ragionamento sento aprirsi un baratro.

Guardare in quell’abisso è per me libraia-formatrice necessario; e poiché è da un po’ che scruto l’oscurità, penso sia giunto il momento di iniziare a rimandare ai miei lettori qualche visione emersa dal fondo.

Le capacità che i bambini sviluppano a partire dai libri ( ma potrei dire anche da altri stimoli a loro disposizione ) e in particolare la capacità di leggere il mondo e se stessi non corrispondono poi alla sperimentazione delle capacità stesse.

I bambini sono molto soli. Isolati mi viene da dire. In buona sostanza soffrono di grandi solitudini.

(con un gioco di parole mi verrebbe anche da dire che sono “piccoli soli”, astri splendenti, solitari e venerati, delle loro  galassie famigliari)

I bambini possono passare molte ore davanti alla grande affabulatrice dei nostri salotti, la televisione; quando hanno occasione di stare in società vengono incoraggiati a giocare con tablet e telefoni per non disturbare; e anche quando non sono impegnati in queste attività, perché possiedono genitori attenti e lungimiranti, hanno comunque scarse possibilità di incontrare altri bambini in contesti liberi, ovvero aldilà della scuola o di tutte quelle circostanze in cui l’adulto è sempre estremamente presente ( perfino al parco giochi).

Illustrazione di Isabella Labate.
Che fine fanno dunque tutte le storie dei libri?

Tutte le piccole e grandi consapevolezze che i bambini raccolgono come avidi uccellini quando seguono il sentiero di una storia?

Restano dentro di loro, non c’è dubbio e questo è già un miracolo.

Ma quanto sarebbe importante provare a seminare di nuovo ciò che si è interiorizzato? Quanto la sperimentazione del sè e del mondo diventa impellente per un bambino?

Non ci sono più cortili, più prati, più occasioni in cui liberare davvero il proprio “potenziale di storie”; liberarlo e metterlo all’opera con altri bambini, coetanei ma anche più grandi e più piccoli, lontani dallo sguardo adulto che osserva, protegge, documenta, ammonisce, consola…

Non voglio dire che l’adulto debba scomparire, voglio dire che ogni tanto, anzi spesso, è necessario mettersi da parte. Quanti adulti vediamo al parco giochi seduti sulle panchine a chiacchierare tra loro? Pochissimi…oserei dire nessuno.

Non può essere il tempo della ricreazione a scuola l’unico momento in cui i bambini stanno con altri bambini. È un tempo troppo breve, caotico anche, che fa esplodere tutte le dinamiche tenute represse durante le ore di lezione.
Se i libri hanno bisogno di tempo, anche i bambini ne hanno.

Ma quale tempo?

Così mi chiedo dove vadano a finire tutte le intelligenze, gli stimoli, le storie se poi tutto questo bagaglio viene tenuto stretto in un universo interiore che ha pochissime possibilità di espansione.

Trovo questa discrepanza molto potente, un buco nero che assorbe e trattiene la tanta bellissima luce a cui oggi l’infanzia viene esposta.
Sì, perché mai come di questi tempi i bambini occidentali hanno così tante possibilità.
Gliene offriamo moltissime ogni giorno, ma poi l’unica che neghiamo loro è quella di poter sperimentare in piena libertà ciò che hanno appreso. Ormai non si gioca più nemmeno alle feste di compleanno.

Giocare per un bambino è tutto, forse, più che leggere. Se i bambini leggessero e giocassero sarebbe davvero magnifico.

Ma leggere non per diventare più intelligenti; e nemmeno giocare facendo finta di giocare ( se nelle scuole si continua a parlare di “gioco libero” allora dobbiamo domandarci cosa fanno i bambini il resto del tempo).
Sport, compleanni con animazione, vacanze con animazione …non è giocare.

Isabella Labate

Sono solo altri stimoli che si accumulano su altri stimoli che come le storie dei libri non hanno possibilità di entrare in relazione davvero. La relazione con altri bambini.

Frequentando tanti bambini ed essendo Preside di una piccola scuola di campagna, vedo il risultato di questo sommerso; vedo cosa succede: una grande frustrazione che emerge con forza e violenza ogni qualvolta un bambino sbaglia o non riesce, quando tenta di entrare in contatto con altri bambini ( i bambini infatti spesso sono molto più a loro agio con gli adulti ).

Una frustrazione che emerge anche quando gli viene chiesto di dare finalmente valore a tutto ciò che hanno accumulato fino a qui ( perché le buone maestre sono consapevoli di quanto potenziale hanno questi bambini).

I bambini contemporanei con tanta energia vengono chiamati “iperattivi”; quelli con poca “svogliati”.

Io penso che entrambi questi atteggiamenti siano i lati di una stessa medaglia, ovvero troppi stimoli inespressi.

A Scuola Radice parliamo di “intelligenza del corpo”, mai di iperattività.

Lasciamo che i bambini giochino e molto mentre apprendono perché è di giocare che sono affamati.

E all’inizio non è semplice perché seppure abbiano sei anni non lo sanno fare.

Isabella Labate

Quindi li lasciamo ore in cortile a giocare da soli o a gruppo. La maestra li guarda da lontano.
E quindi non fanno lezione? Sì certo, anche. I bambini di Scuola Radice hanno tutti superato brillantemente l’esame di idoneità (alcune delle insegnanti esaminatrici si sono lamentate che i nostri allievi scrivessero troppo – che il sommerso sia venuto alla luce?). Hanno imparato le stesse cose di un bambino in una classe prima di una scuola pubblica.

Allora oggi come libraia vi vorrei invitare a riflettere sulla parola “equilibrio”, ad osservare le vostre belle librerie, piene di storie e di possibilità, e poi di immaginare un’altra libreria dove al posto di ogni libro o albo ci siano piccole scatole con ore di gioco e di incontro che i vostri bambini hanno trascorso lontano dal vostro sguardo ( in cortile, al parco giochi, in campeggio, in spiaggia…).

Vorrei invitarvi a dare spazio a tutti i meravigliosi universi che state contribuendo a creare.
Isabella Labate

2 pensieri su “Leggere e giocare

  1. Cara Alessia,
    quanto trovo vere, le parole scritte da te in questa riflessione!!!
    “I bambini possono passare molte ore davanti alla grande affabulatrice dei nostri salotti, la televisione; quando hanno occasione di stare in società vengono incoraggiati a giocare con tablet e telefoni per non disturbare; e anche quando non sono impegnati in queste attività, perché possiedono genitori attenti e lungimiranti, hanno comunque scarse possibilità di incontrare altri bambini in contesti liberi, ovvero aldilà della scuola o di tutte quelle circostanze in cui l’adulto è sempre estremamente presente ( perfino al parco giochi).”
    Forse siamo diventati genitori pigri, stanchi, genitori che non riescono a trovare le energie per stare fuori dalle grinfie della televisione e per far star fuori i nostri figli?!? Come sfuggire a questa stanchezza? Io mi ci metto in prima persona, questa è proprio una critica che faccio a me. E ti ringrazio che mi fai riflettere dicendo questo cose!

    “Ma leggere non per diventare più intelligenti; e nemmeno giocare facendo finta di giocare ( se nelle scuole si continua a parlare di “gioco libero” allora dobbiamo domandarci cosa fanno i bambini il resto del tempo).
    Sport, compleanni con animazione, vacanze con animazione …non è giocare.”
    Anche qui posso dirti sinceramente cosa penso…? Permettimelo per favore… BASTA FESTE DI COMPLEANNO ANIMATE e anche non! Non le trovo vere, le trovo noiose costruite ad hoc da noi genitori per … noi genitori e non per i nostri figli!!! Ma come si fa ad uscire dal circolo vizioso feste di compleanno una volta che i nostri figli aprano con l’inizio della scuola? Non basta un vieni a giocare con me questo pomeriggio? (che vale per tutti i giorni dell’anno e non solo il giorno del compleanno).
    Grazie
    Stefania

    1. Cara stefania, grazie per leggermi con tanta cura. Credo che il circolo vizioso si interrompa con un pò di coraggio, gentilezza e pensiero.
      Un passetto alla volta, insieme.
      Ti abbraccio.

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