Questo post fa seguito a Un libro silenzioso #1 e “Un libro silenzioso #2“
Premessa
(da Un libro silenzioso #2)
Nell’editoria straniera e italiana oggi si possono trovare molti più libri senza parole rispetto al passato. Non tutti sono a mio parere albi riusciti, e del resto non mi sarebbe nemmeno possibile elencarli uno per uno in questa sede. Per questo ho individuato tre categorie, e per ciascuna delle tre voglio indicarvi degli albi significativi che possano fornirvi degli esempi concreti per ogni stile narrativo. Queste categorie, ci tengo a sottolinearlo, sono una mia invenzione e vi invito a mantenere vigile il vostro senso critico rispetto al mio pensiero perché unico scopo dei miei articoli è quello di innescare in voi nuove riflessioni riguardo alla letteratura per l’infanzia.
Le categorie da me individuate sono le seguenti:
- Il silenzio è d’oro
- Fate silenzio!
- Un silenzio eloquente
Le tre categorie usciranno in tre articoli per darvi modo di commentare e riflettere con calma e tranquillità.
2 – Fate silenzio!
- Gli uccelli, di Germano Zullo e Albertine, Topipittori.
- Storia di un albero, di Emilie Vast, Gallucci.
In questa categoria inserisco quegli albi che, a mio avviso (e tengo a sottolineare questo punto di vista personale), sarebbero dei silent perfetti se solo non fossero appesantiti dal testo. Come libraia, considero da tempo i libri citati in questa categoria come albi silenziosi, e ho potuto constatare che spesso, proponendoli in questa veste, il lettore dapprima disorientato, lascia cadere ogni perplessità e se ne innamora follemente.
Gli uccelli con le illustrazioni di Albertine e il testo di Germano Zullo è, a mio personale giudizio, uno degli albi più belli della casa editrice Topipittori, a patto però che lo si legga come un silent book. Il testo di Germano Zullo infatti è faticoso e ridondante, e, detta in tutta franchezza, perfettamente inutile nell’economia della storia. Le illustrazioni di Albertine di contro sono immediate, pulite, così belle nella loro sequenzialità cinematografica da non aver bisogno d’altro. Le tavole de “Gli uccelli” non sono solo belle, ma contengono, senza fraintendimenti, tutte le storie possibili.
Proviamo a leggere il testo senza le immagini:
Certi giorni sono diversi.
Potrebbero sembrare giorni qualunque.
Ma hanno qualcosa in più.
Non molto.
Solo un dettaglio.
Minuscolo.
Di solito non ci si fa caso.
Perchè un dettaglio non è fatto per essere notato.
Ma per essere scoperto.
E se ci concediamo il tempo di vederlo…
…appare.
Qui o là.
Minuscolo.
Ma, all’improvviso, così presente…
…da diventare immenso.
Un dettaglio è un tesoro.
Un vero tesoro.
Non c’è tesoro più grande di un piccolo dettaglio.
Un solo minuscolo dettaglio può illuminare una giornata.
Un solo, minuscolo dettaglio può cambiare il mondo.
E’ indubbiamente un testo poetico, ma leggendolo tutto di seguito sono spesso colta dalla sgradevole sensazione che possa trattarsi di un testo creato per publicizzare un qualche oggetto prezioso, un diamante per esempio. Sarebbe interessante a questo punto indagare quanto i mezzi di comunicazione con il loro uso e abuso della poesia siano in grado di influenzare le nostre letture, ma credo sia più imporatente chiederci , in questo preciso contesto, se l’autore ha ceduto consapevolemnte ad una certa dose di liricità. Non dubito che molti lettori trovino questo testo commovente e gradevole, tanto più se hanno già letto “Gli uccelli” e sono in grado di associare le parole alle immagini del libro.
A tal proposito voglio sottolineare che è evidente uno studio accurato del posizionamento del testo rispetto alle illustrazioni.
(Alcuni esempi: la tavola in cui gli occhietti del merlo emergono dal buio corredata dalla frase “ma hanno qualcosa in più”. La tavola in cui la parola “appare” coincide con il primo volo del merlo; o ancora quando gli avverbi di luogo “qui o là” sono sottolineati dalla prospettiva aerea che vede il merlo in basso a destra e l’uomo del camion, lontano, in alto a sinistra).
Le parole sono abbinate con precisione alle tavole di Albertine, mettendo in luce una drammaturgia doppia, mai didascalica e questo meccanismo narrativo che “Gli uccelli” pone in evidenza è senza dubbio interessante e certamente non potrebbe sussistere senza il testo.
Tuttavia ritengo che questa bella cura risulti, ahimè, poco funzionale e forse dannosa, ai fini della lettura; tra una parola e l’altra infatti intercorrono a volte anche cinque tavole illustrate (considerando per tavola una sequenza narrativa autonoma), spezzando il ritmo della voce e del senso.
Vediamo:
Inizio, tre tavole
Certi giorni sono diversi.
Sette tavole
Potrebbero sembrare giorni qualunque.
Due tavole
Ma hanno qualcosa in più.
Non molto.
Solo un dettaglio.
Una tavola
Minuscolo.
Una tavola
Di solito non ci si fa caso.
Perchè un dettaglio non è fatto per essere notato.
Una tavola
Ma per essere scoperto.
Una tavola
E se ci concediamo il tempo di vederlo…
Una tavola
…appare.
Qui o là.
Minuscolo.
Ma, all’improvviso, così presente…
…da diventare immenso.
Tre tavole
Un dettaglio è un tesoro.
Un vero tesoro.
Non c’è tesoro più grande di un piccolo dettaglio.
Un solo minuscolo dettaglio può illuminare una giornata.
Un solo, minuscolo dettaglio può cambiare il mondo.
Probabilmente in un altro albo illustrato dove le immagini non abbiano, come ne “Gli uccelli”, un potere narrativo così forte (e questo già ci riporta al genere silent) non sarebbe un problema avere una tavola vuota tra una frase e l’altra; ma in questo caso è evidente che per quanto il testo e le immagini possano avere molto da spartire ad un livello semantico profondo, procedono su un piano parallelo troppo destrutturato.
Se l’adulto volesse raccontare ad un bambino quanto succede nelle illustrazioni, perderebbe immediatamente il filo del testo. Il testo poi non è nemmeno una storia, ma una poesia che, nella sua rarefazione, fa fatica a lasciare traccia di sé nel silenzio e nella potenza dei quadri di Albertine. Come dobbiamo affrontare la lettura di questo albo? Quale storia o, meglio, a quale livello narrativo dobbiamo dare la precedenza? Perché sappiamo che se due persone parlano in contemporanea diventa molto complicato seguire il senso generale del discorso.
A fronte di un testo che procede a singhiozzo io consiglio ai miei lettori di leggere “Gli uccelli” come se fosse un libro silenzioso. A quel punto si apre una via chiara da seguire e una libertà interpretativa che subito dà i suoi frutti. Dopo aver ascoltato molti bambini e adulti narrare la storia de “Gli uccelli”, posso dire che il testo di Germano Zullo zampilla ugualmente tra un tavola e l’altra: la bellezza di un dettaglio, la magia della scoperta, l’incontro con l’altro e la speranza per un futuro diverso sono sempre celate tra le parole dei suoi lettori… “se ci concediamo il tempo di vederlo”.
Consiglio di lettura “Gli Uccelli”: cliccate qui per leggere.
Storia di un albero di Emilie Vast non ha come “Gli uccelli” un testo pesante, anzi il testo si riduce ad un elenco di verbi in terza persona:
“cresce, incanta, accoglie, unisce, provvede, muta, attende, e di nuovo…”
Un testo così leggero si potrebbe ignorare facilmente se non fosse che può bastare una parola, un segno nero sul foglio, a ingabbiare la nostra lettura. La parola è un codice, una chiave di lettura. Abbiamo già avuto modo di sottolineare, nell’introduzione a questo articolo, come per un bambino in età prescolare, non tutti gli albi sono “senza parole”. L’incapacità di leggere le parole non trasforma ogni libro in un “silent”. Il libro senza parole segue regole precise, ha dinamiche interne ben ponderate e soprattutto non prevede, anche se questa potrà sembrare una riflessione banale, l’uso del codice scritto.
In verità ci possono essere delle eccezioni, come nel caso di Mr. Ubik di Wiesner dove il gatto viene apostrofato dal suo padrone, ma tali interventi devono essere calibrati al millimetro e inseriti solo se necessari e non devono turbare o influenzare in alcun modo la trama che il lettore si sta costruendo immagine dopo immagine.
In generale nei libri silenziosi quando appare un codice scritto è per lo più ( e paradossalmente) illeggibile, e serve a creare spaesamento nel lettore (si pensi all’approdo di Shaun Tan di cui parleremo nel prossimo capitolo o ai geroglifici che gli alieni tentano di leggere nel già citato Mr. Ubik.)
Mentre sfogliamo “Storia di un albero”, ci accorgiamo immediatamente come anche una singola parola sia in grado, da sola, di orientare la nostra decodifica dell’immagine o come, di contro, possa limitare il nostro sguardo.
Per prima cosa il testo sancisce un ritmo, per cui, essendo il testo del libro di Emile Vast un elenco di parole, siamo portati ad accelerare la lettura e a prestare meno attenzione alle illustrazioni. Cosa c’è dopo “cresce”? E dopo “incanta”? (Stiamo prendendo in cosiderazione un lettore adulto che non ha troppa dimestichezza con i libri illustrati)
Si obbietterà che anche una storia, se fatta ad arte, crea un’aspettativa nel lettore, invogliandolo a girare pagina per scoprire “come va a finire”; ma un elenco non è una storia, o meglio, lo potrebbe anche diventare se, grazie all’acume del lettore, venissero cuciti insieme i silenzi tra le parole. Nel libro di Emilie Vast il lettore è aiutato in questo dalle belle tavole dell’autrice che danno corpo e fiato all’esile stuttura enunciativa. Ma non è forse il grande potere narrativo delle illustrazioni a legittimare un silent book?
Emilie Vast ci racconta, attraverso le immagini, il mondo che ruota intorno ad un albero. Senza il testo Storia di un albero diventa un silent descrittivo, un albo silenzioso che alla pari di “Chiuso per ferie”, intreccia più storie insieme (per saperne di più potete leggere il consiglio di lettura).
Per seguire le tutte le storie contenute in Storia di un albero vi occorre tempo e occhio allenato, non dovete avere fretta; il ritmo della natura è lento.
Se riuscite a immergervi nelle illustrazioni percepirete più il testo come un elenco: ogni parola avrà vita propria, basterà a se stessa descrivendo un intero universo, fluttuando ad un ritmo indefinito, dilatandosi fino ad abbracciare tutti i dettagli della tavola a cui appartiene.
Ci si potrebbe chiedere a questo punto se il testo sia davvero necessario, è forse ci risponderemmo di no. In Storia di un albero, il testo è superfluo, anzi potrebbe sviare il lettore meno attento inducendolo a credere che basti una visione sommaria per collegare i verbi alle illustrazioni. Inoltre che un albero cresca, incanti, accolga, unisca e muti non lo sappiamo già? Lasciamo che siano le immagini di Emilie Vast ad aprire lo sguardo su altri scenari possibili.
Come libraia ho potuto notare che un testo scarno è più spesso d’ostacolo che di aiuto al lettore, colloca l’albo in quel limbo tra la storia e la poesia, tra il facile e il difficile, scoraggia l’adulto, il quale paradossalmente è più pronto alla lettura di un libro senza parole perché sa di cosa si tratta.
Che Storia di un albero sia un silent è chiarissimo fin dalla copertina. C’è uno scoiattolo che corre con una pera in bocca, sembra che voglia farsi acchiappare, ma ci sfugge dentro al libro. Stagione dopo stagione seguiamo la sua vita insieme a quella di altri animali finchè ci ritroviamo in un campo innevato dove una volpe ha scovato la tana di un ghiro. Nella tana c’è un ricco bottino, pere dolci e succose; alla volpe distratta lo scoiattolo ne ruba una. In quarta di copertina, lo scoiattolo fugge con la pera in bocca e come ne La mela e la farfalla di Iela Mari, il libro si chiude per ricominciare da capo.
Ma la lezione di Iela Mari non è finita, perché lo scoiattolo assomiglia alla formica che ne La mela e la farfalla osserva il bruco uscire dal frutto. La formica siamo noi spettatori, così come siamo noi lo scoiattolo in Storia di un albero, noi che percorriamo la storia passo passo, che osserviamo la storia senza farci distrarre dalle esili parole del testo. Le storie muovono in noi un istinto più forte della comprensione del significato, le storie orientano lo sguardo, ci incuriosiscono, ci fanno sporgere in avanti come la formica sulla foglia de La mela e la farfalla, ci fanno attraversare i buchi nelle pagine del libro di Emile Vast per scoprire nuove trame, perché non c’è nulla di più piacevole che riscoprirci esseri narranti in un mondo di immagini.
4 pensieri su “Un libro silenzioso #3”
Ieri sera leggevo Il leone e l’uccellino con mio figlio e per la prima volta ho pensato: poteva essere un meraviglioso silent book. Poi mentre andavo avanti nella lettura mi sono chiesta: se non ci fossero state le (poche) parole, io sarei rimasta in silenzio in quelle pagine senza parole?
Quando leggo un silent book mi accorgo che o sto in silenzio e sfoglio, oppure racconto, spesso senza pause, quindi il fatto che ci siano delle parole e poi delle tavole silenziose, paradossalmente mi fa fare delle pause che altrimenti non farei e mi fa godere di più del silenzio. Credo che per Gli uccelli io abbia provato la medesima sensazione pacificante.
Cara Maria,
molto interessante quello che hai scritto. Avevo preso in considerazione “Il leone e l’uccellino” per la categoria “Fate silenzio! “, ma poi ho pensato che in quel testo le parole sono importanti non solo perché come dici tu, creano il silenzio, ma perché costruiscono la storia in modo più potente rispetto a “Gli uccelli”. È vero che anche nel libro ti Topipittori non tutti coglierebbero, senza il testo, l’urgenza di esplicitare ai bambini l’importanza dei dettagli; ma questo livello narrativo (profondo certo, e più nascosto) io trovo sia già dato dai due occhietti in fondo al buio. Come dicevo all’inizio dell’articoo le illustrazioni de “Gli uccelli” contengono, per me, già tutte le storie possibili, mentre le tavole de “Il leone e l’uccellino” sono meno pregnanti per quanto splendide. Il testo in quel caso segue la storia e porta al lettore la voce dell’autore che dal mare grande delle storie ha voluto pescare e donarci proprio quella, con quelle precise parole, con quei precisi silenzi. E quella storia ce l’ha voluta raccontare, anche se, forse, dalle sue tavole l’avrenmo intuita ugualmente. Come mai? Mi chiedo. Se leggo “Gli uccelli” invece il silenzio prezioso di cui tu parli è, a mio avviso, meglio espresso senza il testo. Grazie per aver fatto nascere nuovi punti di vista; mi piacerebbe che fosse così per ogni consiglio di lettura.
Ciao Alessia! Ma la terza categoria è stata affrontata?! Non trovo il post… Mi sono appassionata al tema!
Grazie
Cara Tatiana, no mi spiace, non è ancora stata scritta. Spero di poter provvedere presto. Un caro saluto